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Marco Giusti per Dagospia
Mai visto un film con un solo attore? Magari sì. Ma certo non avete mai visto un film con un solo attore chiuso nella sua auto che dialoga con una serie di personaggi al telefono grazie al viva voce della connessione bluetooth e nel corso di una notte cambia tutta la sua vita.
Questo è "Locke", scritto e diretto dall'inglese Steven Knight, presentato lo scorso settembre a Venezia, con grande successo, ma soprattutto interpretato da un attore assolutamente strepitoso come Tom Hardy, già visto in "Warrior" e nell'ultimo Batman, che domina il film dall'inizio alla fine e riesce a farci stare col fiato sospeso per tutto il suo viaggio dal Galles a Londra mettendo in gioco tutta la sua vita, il lavoro, la casa, la famiglia. Perde pure la partita.
Va detto che il film, 83 minuti che volano, concepito quasi come un dramma radiofonico, ha una sceneggiatura perfetta e proprio dalla serie di colpi di scena che ci arrivano da ogni telefonata del protagonista, e dalle sue umanissime scelte, ci arriva la sua particolare tensione. Steven Knight, il regista, fa un ottimo lavoro di messa in scena veloce e molto televisiva, ma perfettamente funzionale al racconto e alla costruzione di Tom Hardy come nuova superstar.
Un regista con maggiori voglie autoriali, forse, non si sarebbe mai prestato a questo monumento. Nel film Ivan Locke è serio caporeparto che, quasi improvvisamente, lascia il suo lavoro in Galles e parte non si sa bene dove. Veniamo presto a sapere che il giorno dopo, all'alba, dovrebbe controllare la più grande colata di calcestruzzo mai fatta in Europa.
E anche che ha deciso, malgrado abbia due figli e una moglie che ama, di dare il suo nome al figlio che sta per avere quella notte da una donna, non giovanissima, con cui è stato mesi prima. Perché lo fa? Magari perché è stato lui stesso un bambino non riconosciuto dal padre. Così ha deciso che sarà presente al parto, anche se così perderà forse la famiglia e il lavoro, anche se lo controllerà dando una serie di indicazioni al suo aiuto.
Per tutto il percorso fino all'ospedale lo vediamo quindi al telefono, via bluetooth, con la moglie, i figli, il suo capo, il suo aiuto, l'amante, i medici. Alla fine del viaggio la sua vita non potrà più essere la stessa, perché ha deciso di fare delle scelte. Difficili. Certo, avrebbe potuto negare, dire bugie, nascondersi. Come fece con lui suo padre. Costruito benissimo, malgrado qualche banalità narrativa, "Locke" è sorprendente sia come idea che come realizzazione e lancia definitivamente Tom Hardy come una megastar. In sala dal 30 aprile.
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