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Claudia Casiraghi per “Libero Quotidiano”
Se pubblicità e qualità di un prodotto fossero tra loro direttamente proporzionali, Pif, allora, avrebbe sfornato un capolavoro. Nei mesi passati, con l'entusiasmo delle grandi occasioni, i media hanno abbracciato l'opera seconda del regista siciliano. Parole roboanti sono state spese per decantarne l'impegno civile. Interviste e ospitate sono state costruite ad hoc così che la pellicola potesse brillare di luce riflessa. Ma, quando questa ha fatto il proprio ingresso nei cinema italiani, nulla è successo. La profusione di lodi, insieme agli oneri sostenuti da ogni mezzo di diffusione, si è rivelata vana.
In Guerra Per Amore, il cui debutto nelle sale nostrane risale al 27 ottobre, non ha conquistato il box office né tantomeno il favore di un pubblico che Pif pare preferirlo in altre vesti. Il film, distribuito dalla 01 Distribution in quattrocento copie, si è messo in tasca 898,936 mila euro. Una miseria se paragonata alla cifra che, nel 2013, fu guadagnata da La Mafia Uccide Solo D' Estate. All'epoca, l'opera prima di Pierfrancesco Diliberto dipinse lo stupore sui visi degli astanti. Ottenendo un successo, economico ed umano, che raramente si accorda alle opere italiane.
La pellicola, premiata con due Nastri d'Argento e altrettanti David di Donatello, mise insieme la bellezza di 4,6 milioni di euro. Aggiudicandosi, senza sforzi apparenti, un adattamento televisivo il cui debutto, su RaiUno, è fissato alla prima serata del 14 novembre prossimo. Cosa sia accaduto negli anni trascorsi e quale metamorfosi sia valsa a Pif una delusione tanto cocente è cosa discussa.
Pare, infatti, che parte degli spettatori poco abbia gradito il sottotesto politico del film. In Guerra Per Amore dovrebbe limitarsi a raccontare l'idillio tra Arturo Giammarresi (Pif) e Flora Guarneri (Miriam Leone). Eppure, va oltre. Ficcando l'affetto dei due nelle pieghe di una storia letta con occhio poco obiettivo. Giammarresi e la Guarneri, piccioncini datati 1943, sono l'espediente narrativo che consente a Pif di dare sfogo alla teoria secondo la quale sarebbe stato stretto, tra gli Alleati e Cosa Nostra, un patto scellerato.
Ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, i signorotti italiani avrebbero favorito l'avanzata degli americani, trasformandosi una volta per tutte in entità politica. La tesi, contenuta nel cosiddetto rapporto Scotten, è sposata da Pif con una caparbia che ne mina le doti migliori.
Umorismo e rifiuto del politically correct sono sacrificati in nome di una verità storica che fagocita l'intera pellicola. Riservando il poco spazio che resta all' esaltazione dei pregiudizi più comunemente associati ai siciliani. Il risultato finale, ben lontano da quello ottenuto con La Mafia Uccide Solo D' Estate, non ha convinto. Non la critica, non il pubblico. Forse quella parte di mezzi stampa che si trova a dover lodare per forza tutto ciò che è emanazione di una data ideologia.
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