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Marco Molendini per Dagospia
De Andrè subito santo protettore della memoria. L'ultima consacrazione viene dal Concerto ritrovato, il film di Walter Veltroni sulla reunion del 1979 con la Pfm, documentario costruito sulle immagini dimenticate per 40 anni di un incontro musicale speciale, che è arrivato ieri nelle sale, dove resterà fino a domani. «Fabrizio De Andrè e Pfm – Il Concerto ritrovato», questo il titolo completo, è stato il maggior incasso della giornata, quasi il doppio di «Gli anni più belli» di Muccino (270 mila euro contro 160) il triplo del pluripremiato agli Oscar «Parasite» (98 mila).
Per il fondatore del Pd la risposta dei fatti alle accuse di Libero che, nel furore della polemica politica (territorio da cui Veltroni da tempo si tiene lontano), aveva vaticinato il flop. Per Fabrizio, la conferma dello stato di grazia di cui vive il suo ricordo. Tutto quello che tocca o che porta il suo nome diventa oro. E' così da ventuno anni, da quando Faber (come lo aveva ribattezzato l'amico Paolo Villaggio) ha smesso di vivere.
Aveva 59 anni, aveva fatto sempre quello che aveva voluto senza mai cercare il successo. Invece, il successo, è arrivato, smisurato, senza pause o ripensamenti, quando non toccava più a lui scegliere. Da allora è stata una marea stimolata da continue sollecitazioni. Ora tocca al compleanno, gli 80 anni che Faber avrebbe compiuto oggi. Tributi un po' dappertutto a cominciare da Genova, la sua città e dalla Sardegna, l'isola del rapimento, e dalla tv (Sky arte che si dedica al suo album Le nuvole).
Un flusso che si aggiunge al culto della nostalgia sostenuto da una folla di fedeli e qualche volta da approfittatori. A nutrire le vestigia di De Andrè il figlio Cristiano, che continua a viaggiare sulle orme del padre, esorcizzando i postumi di un rapporto tribolato (Fabrizio aveva un caratteraccio) e oggi addirittura invoca il Nobel (lo ha detto in un'intervista). C'è poi la moglie Dori Ghezzi che, con la Fondazione intitolata al marito, ne tiene in vita l'opera con intensità recuperando tutto il possibile anche se lei stessa una volta ci aveva confessato: «Fabrizio pretendeva che si cancellasse tutto ciò che non gli piaceva».
Ci sono poi i tanti colleghi, illustri da Vasco a Ligabue e meno illustri, che hanno cantato e cantano le sue canzoni, le reinterpretano, in alcuni casi le hanno anche storpiate. Il più bello resta l'omaggio che Battiato fece nel suo album Fleur rileggendo La canzone dell'amore perduto e Amore che vieni, amore che vai insieme con la versione jazz fatta da Danilo Rea della musica del cantautore. Ma non sempre le ciambelle della rievocazione escono col buco (vedi il recente programma Una storia da cantare con Enrico Ruggeri e Bianca Guaccero).
Il rischio delle celebrazioni infinite (non c'è giorno praticamente in cui non ci sia sparso per l'Italia un concerto dedicato alla sua musica) è proprio questo, il tributo che diventa sfruttamento del cognome a cui non si è sottratta la nipote Francesca esposta nella vetrina in quel circo di varia disumanità che è il GF Vip. O diventano inutile sbandieramento di un nome amato come con l'improbabile film tv, Principe libero. Ma Fabrizio tutto questo non lo sa: riposa in pace, ormai da 21 anni.
FRANCESCA DE ANDRE'francesca de andrèfrancesca de andrèfrancesca de andrèfrancesca de andrè
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