DAGOREPORT - A RACCONTARLO NON CI SI CREDE. RISULTATO DEL PRIMO GIORNO DI OPS DEL MONTE DEI PASCHI…
Marco Giusti per Dagospia
Quando lo abbiamo visto fingere di cantare "In Dreams" di Roy Orbison in una delle scene di maggior culto di "Blue Velvet" per noi, e per David Lynch, Dean Stockwell, scomparso oggi a 85 anni, era già un mito. Per non parlare del suo cattivissimo capo Frank, cioè il vecchio amico di sregolatezze Dennis Hopper, che lo definisce per sempre come "soave".
Si, Dean Stockwell era terribilmente soave. Non tanto per il fatto di essere stato da bambino il protagonista di un film rivoluzionario come "Il ragazzo dai capelli verdi" di Joseph Losey, per aver recitato a 9 anni con Erroll Flynn o ballato con Gene Kelly, per aver vibto due volte il premio come miglior attore a Cannes, per il mistery gay "Compulsion" di Richard Fleischer e per "Lungo viaggio verso la notte" di Sidney Lumet assieme a Jason Robards e a Ralph Richardson o per l'horror fuori di testa "The Dunwich Terror" o per i film di bikers sconvoltoni come "Psych-Out" di Ruchard Rush che ne testimoniavano il suo percorso di fuga da Hollywood e dalla normalità, ma per l'essere una sorta di eterno bambino malato nato e cresciuto dentro Hollywood e il suo più profondo immaginario.
Lynch ne colse subito l'essenza e ne fece il cantante della banda di Frank, cioè lo psicopatico Dennis Hopper. E prima ancora lo aveva portato su "Dune", bello e elegantissimo Doctor Yueh. Un angelo caduto. Ma quel che aveva intuito e messo in scena Lynch era la memoria di quel che il bambino coi capelli verdi cresciuto poteva rappresentare. Molto prima delle riscoperte di Tarantino. Non a caso era amico di una serie di attori come Bruce Dern o Russ Tamblyn omaggiati da Tarantino.
E legatissimo a Jack Nicholson. Sembra che fosse stato un altro suo fraterno amico, Harry Dean Stanton a riportarlo al cinema indicandolo a Wim Wenders per il ruolo di suo fratello "normale" in "Paris,Texas ", anche se Dean Stockwell, che aveva lasciato il cinema inseguendo sogni hippies nella comunità di Topanga Canyon, normale non era stato mai.
Rientrando a Hollywood con la complicità di vecchi compagni di viaggio come Dennis Hopper per "The Last Movie" e appunto Harry Dean Stanton, ancor giovane malgrado i suoi primi film risalgano agli anni 40, e una lista di partecipazioni incredibili a film di Jacques Tourneur, William Wellman Wilkiam Keighley che lo vedono accanto a star del calibro di Gregory Peck, Lionel Barrymore, Frank Sinatra Gene Kelly, Orson Welles, sfrutta l'immagine di angelo caduto, di bambino malsano per l'ultima parte della sua carriera da bravo professionista.
Alla fine gira qualcosa come oltre 200 titoli tra film e serie TV, lo troviamo co-protagonista di Scott Bakula nella celebre serie "Quantum Leap" o "In viaggio nel tempo", 3 Emmy e un Golden Globe, una nomination per il ruolo del gangster Tony The Tiger in "Married to the Mob" di Jonathan Demme con Michelle Pfeiffer, guest star di lusso in bellissimi film di William Friedkin, "Vivere e morire a Los Angeles", di Francis Ford Coppola, "The Raimaker", di Henry Jaglom, "Tracks", di Robert Altman, "The Player", chiudendo alla grande una carriera da irregolare in una Hollywood alquanto pericolosa. Ebbe due mogli, l'attrice Mille Perkins(60-62) e Joy Marchenko (81-2004), che gli dette due figli. Con il vecchio amico del cuore Neil Youbg codiressero un film nel 1982,"Human Highway". Mai visto.
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