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Marco Giusti per Dagospia
Un altro grande maestro del cinema se ne va. A 90 anni Andrzej Wajda, regista e grande rinnovatore del cinema polacco, con capolavori come Generazione, I dannati di Varsavia, Ceneri e diamanti, Ingenui perversi, Il bosco di betulle, Le nozze, L’uomo di marmo, L’uomo di ferro, Danton, ci lascia. Lo aspettavamo a Roma proprio in questi giorni, dove avrebbe dovuto presentare la sua ultima fatica, già in corsa per l’Oscar al miglior film straniero, Afterimage, dedicata al pittore d’avanguardia Wladyslaw Strzeminski e alle sue fatiche durante il periodo stalinista, ma una brutta polmonite lo ha portato via.
Wajda aveva vinto una Palma d’Oro a Cannes con L’uomo di ferro, un Oscar e un Orso d’Oro alla carriera, quattro nomination agli Oscar e innumerevoli altri premi. Il suo Ceneri e diamanti, nel 1956, dopo altri due film celebri come Generazione e I dannati di varsavia, venne allora salutato come un capolavoro anche generazionale. Quello fu anche il film più celebre di Zbigniew Cybulski, il James Dean polacco, sempre con gli occhiali scuri, attore amatissimo non solo in Polonia, morto tragicamente pochi anni dopo. Nato a Suwalki, figlio di un ufficiale polacco morto a Katin nel 1942 per mano sovietica, Wajda entrò presto nella resistenza.
Dopo la guerra, studiò prima da pittore, poi a Lodz si interessò al cinema, imparando il mestiere da Aleksander Ford. Ma negli anni ’50, a trent’anni, è già considerato uomo di punta del cinema polacco. In Ingenui perversi dirige, come attori, oltre al grande Cybulski e a Tadesz Lomnicki, due colleghi e amici come Roman Polanski e Jerzy Skolimowski, che daranno vita alla Nouvelle Vague polacca. Molti i suoi film famosi, Samson, Una Lady Macbeth siberiana, Paesaggio dopo la battaglia, Pilato e gli altri.
Dopo la morte di Cybulski trova in Daniel Olbrychski un altro grande protagonista, come dimostrò in Il bosco di betulle, che fece con lui ben tredici film. Ma dirige anche John Gielgud in Il direttore d’orchestra nel 1980, Gerard Depardieu in un magistrale Danton che vedemmo a Venezia nel 1983, Hanna Schygulla in Un amore in Germania, Isabelle Huppert e Lambert Wilson in una versione dei Demoni di Dostoevski, Les possédés.
Negli anni 80 e 90 si legò a Lech Walesa e a Solidarnosc, senza mai debordare nel cinema di propaganda e ritornando sull’eccidio di Katyn in un film, appunto Katyn, presentato al Festival di Torino da Nani Moretti nel 2008 e poi strumentalizzato e imposto, negli anni del nostro berlusconismo, come evento speciale l’anno dopo alla Mostra del Cinema di Venezia come esempio di cinema anticomunista. Ebbe quattro mogli, tra queste l’attrice Beata Tyskiewicz.
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