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Carlo Moretti per “la Repubblica”
Mina a un passo dall’abbraccio con la mafia. Anzi, con la mafia già in casa, anche se a sua insaputa. Eccola, Cosa Nostra, arrivata a Roma con il doppio petto elegante di Joe Adonis, e con un enorme mazzo di rose per la giovane e già grande Mina, a chiederle conto di quella malattia improvvisa, se sia vera oppure no, è solo una strategia per sottrarsi all’avventura americana che l’aspetta. Perché c’è già un contratto firmato e dall’altra parte dell’Oceano Frank Sinatra freme per passarle il suo scettro. E con lui tutta l’onorata famiglia.
La scena, avvenuta a metà degli anni Sessanta in una elegante casa romana, è uno dei passaggi più inquietanti di Segreti pop: la Musicarmata, il programma firmato da Michele Bovi in onda stasera alle 23.25 su RaiUno che passa in rassegna alcune delle tappe del lungo rapporto tra i cantanti e la malavita.
La conferma sull’episodio che riguarda Mina arriva dal figlio, Massimiliano Pani: «Negli uffici della casa discografica di mio nonno, la Pdu, arrivò questo americano, Joe Adonis, si è capito soltanto molto dopo che si trattava non di un semplice manager, come diceva, ma di un mafioso mandato dalla cupola a cercare l’unica artista che secondo loro poteva fare la differenza in America, visto che un’italo americana non ce l’avevano, una che potesse prendere lo scettro di Frank Sinatra e sostituire nel ruolo di cantante e attrice un’artista di grande successo come era allora Barbra Streisand».
Mina era già stata in tour in America, prima a Las Vegas e poi in Canada, «ma fecero le cose talmente in grande che mia madre ne ebbe paura», continua Pani. «Pensavano a un contratto di anni, con tournée, film, pubblicità: mia madre pensò “se comincio non ne esco più”, e così ebbe l’illuminazione di rinunciare.
A un certo punto si ammalò, ma Adonis non si fidava, pensò a uno sgarbo e volle venire a vederla di persona a casa sua a Roma. Le sembrò strano ma realizzò solo 20 anni dopo grazie al film Donnie Brasco quando lesse il nome di Joe Adonis tra le famiglie mafiose.
Panico: probabilmente le stesse famiglie che avevano organizzato la sua tournée americana». Nel programma, prima di tre puntate, Pupo ricorda come la mafia cercò di utilizzarlo per trasportare droga dal Canada: «Volevano metterla nel doppiofondo della custodia della mia chitarra: quando me lo chiesero piansi. Rinunciarono».
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