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E’ LA POESIA, BELLEZZA - A 20 ANNI DALLA MORTE DI DARIO BELLEZZA, IL RICORDO DELLO SCRITTORE RENZO PARIS - “AMÒ FORSE SOLO SE STESSO E LA MORTE” - UN RAGAZZO OGGI DOVREBBE LEGGERLO PER RITROVARE LA POESIA DELLA TRADIZIONE

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Renzo Paris per “Il Venerdì di Repubblica

 

 

Dal suo esilio africano, a un  amico che lo aggiornava sulla sopravvenuta fama parigina, Arthur Rimbaud rispose: «Ah la poesia..una cosa da ragazzi!». Intendeva, quel grande, non solo per chi i versi li scrive ma anche per chi li legge. Nel ventennale della morte di Dario Bellezza, aprendo lI male di Bellezza, vita e morte di un poeta (Castelvecchi,pp.206,e.17,50) di Maurizio Gregorini, mi sono chiesto perché un ragazzo oggi dovrebbe leggere il poeta romano.

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Intanto, forse per soddisfare la curiosità accesa dai media sulle unioni civili e dunque per saperne di più sugli amori di chi «solo all’Anagrafe è un uomo». Dario Bellezza(1944-1996) è un poeta dell’amore controvoglia, di quello rapinoso tra ragazzi degli anni Settanta, drogati e rivoltati, che scappati di casa amavano la vita libera, ma anche piccoli furti per la sopravvivenza, rifugiandosi in minuscole comuni.

 

Il bel libro di Gregorini, una specie di De profundis romano, è anche uno straziante affresco della vita e della morte di chi gli era stato amico nei giorni dell’orrenda malattia dell’Aids, allora poco nota. Il suo tachicardico diario degli atroci giorni si mescola a interviste (Siciliano, Spaziani, Canali, Cambria, Pecora, Veneziani, Alberti) che dipingono volta a volta un uomo ilare, amicale, pettegolo, allegro, aggressivo, pudico nell’amore, figlio a vita.

il male di dario bellezza gregorini coveril male di dario bellezza gregorini cover

 

C’è chi preferisce i romanzi alle poesie, citando Lettere da Sodoma e Il carnefice e chi adora il poeta di Invettive e licenze, il suo fulminante esordio lanciato da Pasolini. Seguono Morte segreta, le poesie sui gatti, Proclama su fascino dove l’io si stempera e il poeta sembra meno coinvolto, gridato. Dario non amava le corporazioni omosessuali, si voleva diverso tra i diversi, innamorato di donne che lo rifiutarono (Amelia Rosselli, che lo scoprì e lo ospitò; Elsa  Morante, su cui  scrisse tre deliranti romanzi) alla ricerca di una madre impossibile e di padri della stessa natura, come Moravia e Pasolini.

 

Polemizzò con il ‘68, percorrendo in privato le stesse strade comunitarie di quella generazione maledetta. Visse tra il senso del peccato e quello del rimorso, permettendosi da ultimo una poesia spirituale, dettata dalla morte imminente, rara tra i suoi colleghi presi dalle carriere. Infine, la lingua di Bellezza discende dai rami di un’arcadia novecentesca, da Saba a Parronchi, da Penna a Pasolini, invisa alla neoavanguardia. La sua è una poesia autobiografica, dettata dall’insonnia, dagli incontri notturni, dalle fumanti latterie del mattino, dai trasalimenti di una feroce solitudine gridata ai quattro venti, suscitando interesse tra i critici ma anche malevolenza, da poeta maledetto dalle sue stesse maledizioni. 

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Nel suo «vivente melodramma da strapazzo» amò forse solo se stesso e la morte, come rivela. Il suo primo verso Ma non saprai giammai perché sorrido  era nato da un ricordo shakespeariano. Quel ragazzo di oggi che dovrebbe leggerlo,ritroverà qui la poesia della tradizione, la cui sciagurata assenza denunciò Pasolini in versi famosi. Quella poesia, avrebbe potuto dorare quel refolo di vento che fu il ‘68. L’Aids lo soffocò la notte del 31 marzo, all’ospedale Spallanzani di Roma, circondato da pochi desolati amici: Maurizio, Antonio, il sottoscritto, la sorella, Francesca, il medico che lo curava, pochissimi altri.

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