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Marco Giusti per Dagospia
Ah, bene! Ritornano le escort, le orgette alla coca coi politici corrotti, i teatrini lesbo, gli industriali intrallazzoni. L’anal no, quello costa un po’ troppo. Non è certo un capolavoro questo Il ministro, scritto e diretto da Giorgio Amato al suo quarto film, tutti costruiti su temi forti, Circuito chiuso, Psychomentary, The Stalker (prodotto da Andrea Iervolino!), ma certo osa raccontare qualcosa che il nostro cinema più ricco non vuole proprio trattare.
Come se il nostro recente passato, e magari anche un po’ di presente, ci facesse paura. Hai voglia a aspettare un nuovo Dino Risi o un nuovo Mario Monicelli che ci mettano in scena le commedie sexy della nostra politica recente. Sì, ci sono stati la serie 1992, lo sfortunato Commedia sexy di Alessandro D’Alatri, se vogliamo anche Suburra di Stefano Sollima, ma alla fine molto poco rispetto a tutto quello che abbiamo letto sulle cene eleganti di Arcore o abbiamo capito dalle tante intercettazioni dei vari Tarantini.
Il ministro ci va giù pesante. Parte da una coppia di affaristi in società, Franco e Michele, interpretati da un nevrotico Giammarco Tognazzi e da un coatto e pasticcione Edoardo Pesce, che sperano di risolvere i loro problemi con una seratina tutta sesso, coca e mazzettone offerte a un potente ministro della Repubblica, il notevole Fortunato Cerlino di Gomorra. Loro lo riempiranno di tutto quello che vuole, oltre a una valigetta con trecentomila euro cash, e in cambio vinceranno un appaltone che li salverà. Solo che il festino lo fanno a casa di Franco, con la sua moglie vegana, sorella di Michele, un’ottima e sexy Alessia Barela, che si mette da subito di traverso.
E proprio all’inizio del film la procace e generosa professionista che doveva concludere la nottata con il ministro ha avuto la sciagurata idea di finire investita da un’auto. Così se ne è chiamata un’altra, una cinese, interpretata dall’attrice giapponese da anni in Italia Jun Ichikawa, che non accetta le condizioni proposte da Franco e alza di volta in volta il tiro e che sembra preferire la padrona di casa al potente ministro.
L’orgia si farà, coinvolgendo anche la cameriera venezuelana che Rita voleva licenziare, ma le cose non andranno come si era immaginato. Il film ha non pochi problemi di sceneggiatura, di dialoghi e di messa in scena. La casa dove l’azione si svolge è un bel po’ deprimente.
Ma l’idea non è male e gli attori tutti o quasi ben al di sopra dei testi che recitano, da Cerlino che fa un ottimo ministro corrotto a Tognazzi e Barela come coppia che non si sopporta più a Jun Ichikawa che avevamo già visto in Cantando sotto i parapioggia di Olmi e La terza madre di Dario Argento. Inoltre, anche se le parte più serie di dialogo ci sembrano un po’ imbarazzanti, le parti più hard di discussione sulle prestazioni sessuali e tutta l’orgia, che non hanno nulla di porno, possiedono però una laidezza da cinema anni ’70 che funziona al di là della regia. In sala dal 5 maggio.
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