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Renato Franco per il "Corriere della Sera"
à finita l'epopea dei cowboy cafoni che lottano per il petrolio. Questo lifting fuori tempo - come tutti i lifting, anche quando sono in tempo - ha lasciato perplessi i telespettatori. Che hanno assistito (in pochi) a quello che pareva un ritrovo di reduci, di quelli che mettono una tristezza infinita. Che si sono ritrovati (sempre in pochi) a spiare quello che succedeva in una dependance di Villa Arzilla (con tutto il rispetto per le dependance).
Guardare quelle facce tirate, liftate, piallate, tutta sagomate in una medesima monoespressione, ha spinto molti a pigiare su un altro tasto del telecomando, con quel senso di imbarazzo che prende quando ci si vergogna per qualcuno che in tv sta facendo una figuraccia imitando il se stesso che fu.
Canale 5 stacca la spina al nuovo «Dallas». Troppo flebili i battiti di share, prima l'8%, poi il 5%. Una situazione disperata che ha reso vani i tentativi di rianimazione, così alla fine non c'è stato nulla da fare se non prendere atto del decesso. Nonostante il doping di una campagna mediatica e pubblicitaria massiccia, nonostante le repliche quasi a reti unificate (Rete 4 e Canale 5), «Dallas» ci ha lasciato dopo due sole puntate. Poteva sembrare un'operazione nostalgia, un tuffo amarcord, un riflusso vintage - prendere tre protagonisti di una serie il cui episodio finale della stagione 1979-1980 venne visto da 85 milioni di americani e riportarli alle antiche trame. E così è stato, una frana di telespettatori, un tracollo di Auditel, un naufragio di share.
Trentacinque anni dopo non interessano più le vicende di Larry Hagman (John Ross, abbreviato in J.R., italianizzato in Gei Ar), il cattivo che conosce due sole espressioni, quella da carogna con il cappello da cowboy in testa e quella da carogna senza cappello. Trentacinque anni dopo non ha più senso vedere che fine ha fatto Patrick Duffy (Bobby), il fratello di Gei Ar, apparentemente il buono, anche se un fondo di rancore e perfidia è nel dna di tutta la famiglia, dunque anche lui, sotto quell'aria eternamente glabra, non ne è esente.
Trentacinque anni dopo gli spettatori pensavano che Linda Gray - l'alcolizzata Sue Ellen, che quando chiede un dito di vino, intende in verticale - fosse ormai buona solo per gli Alcolisti Anonimi e non avevano nessuna intenzione di toglierla dal freezer dei ricordi.
Non è servito a niente cercare di ringiovanire le trame di odi ormai stantii mettendo uno contro l'altro i due cugini, John Ross III, figlio di Gei Ar, e Christopher Ewing, il figlio adottato di Bobby. A scimmiottare di nuovo le faide, cane contro cane, in un digrignare di denti ormai consunti, le cattiverie che si facevano i due fratelli in nome del dio petrolio. Il mondo è cambiato intorno a loro, ma loro non se ne sono accorti, come quei soldati giapponesi nelle isole del Pacifico che credevano ci fosse ancora la guerra.
Il vecchio «Dallas» fu uno dei pilastri su cui quella che oggi è Mediaset ha costruito le basi del suo impero televisivo, fu un trampolino di lancio per Canale 5 e per il Berlusconi imprenditore. Oggi non è più tempo né dell'uno né dell'altro. R.I.P.
JR NEL NUOVO DALLAS jpeg
DALLAS NUOVA SERIE
DALLAS NUOVA SERIE
DALLAS LA VECCHIA GENERAZIONE NELLA NUOVA SERIE
DALLAS LA NUOVA GENERAZIONE
DALLAS IL CAST ORIGINALE jpeg
JR di Dallas
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