“GALILEO” BOSCHI TERREMOTA BERTOLASO: "NOI ERAVAMO PREOCCUPATI MA COMANDAVA E DECIDEVA LUI E ALLA FINE CI IMPOSE IL SILENZIO" - “LE PERSONE ERANO GIÀ FUORI DELLE CASE, IN SICUREZZA. CHE SENSO AVEVA ANNUNCIARE IL RISCHIO DI NUOVE FORTI SCOSSE?” - “UNA PARTE DI NOI RITENEVA CHE FOSSE GIUSTO DIFFONDERE OGNI NOTIZIA. ALTRI SI PREOCCUPAVANO DELL’ALLARME CHE NE SAREBBE SEGUITO…”

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

E.D. per "la Repubblica"

«Bertolaso era preoccupato, non voleva causare allarme. Così la nostra relazione sui rischi di nuove forti scosse all'Aquila non fu discussa. La Commissione Grandi Rischi non si è mai riunita. Né è mai stato emanato il famoso comunicato stampa che Bertolaso aveva chiesto di visionare prima della pubblicazione».

Il sismologo Enzo Boschi all'epoca del terremoto dirigeva l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Oggi non ci sta a passare come lo scienziato asservito ai diktat di un capo della Protezione Civile interessato più che altro a minimizzare l'allarme. Cita come prova il rapporto tutt'altro che rassicurante che l'Ingv redasse due giorni dopo la scossa del 6 aprile 2009.

Come andò esattamente?
«L'8 aprile all'Ingv mettemmo insieme tutti i dati sismologici. La situazione era preoccupante. Lo sciame minacciava di durare a lungo e di generare altre scosse forti come quella del 6 aprile. Scrivemmo un rapporto e lo inviammo a Franco Barberi alla Commissione Grandi Rischi. Anche lui si preoccupò e decise di convocare per il giorno successivo una riunione congiunta.

Si scontrò però contro la decisione negativa di Bertolaso. Lui non voleva assolutamente che si creasse ulteriore allarmismo. La riunione fu cancellata e si decise di pubblicare solo un comunicato stampa, che Bertolaso chiese di controllare prima della pubblicazione. Intervenne a quel punto Mauro Dolce, sempre della Protezione Civile. Lui era dell'idea di non diffondere neanche quel comunicato. Così alla fine non se ne fece niente».

Non è stato scorretto nascondere il documento?
«In quei giorni eravamo molto tesi e divisi. Una parte di noi riteneva che fosse giusto diffondere ogni notizia. Altri si preoccupavano dell'allarme che ne sarebbe seguito. In fondo le persone erano già fuori delle case, in sicurezza. Che senso aveva annunciare il rischio di nuove forti scosse? Bertolaso era dell'idea di calmare prima di tutto la gente».

Voi siete stati molto cooperativi con lui.
«Io non sono cooperativo. Tutta la Grandi Rischi è stata cooperativa. Durante le emergenze ci deve essere qualcuno che comanda. È giusto che sia il capo a scegliere le strategie. In passato, al di fuori delle situazioni di crisi, io con Bertolaso ho avuto scontri molto forti. E in quel frangente lui era soprattutto preoccupato che io facessi comunicazioni allarmanti. Di quella telefonata in cui lui parla di "operazione mediatica" poi non sapevo niente, come del resto tutti noi. Lo abbiamo saputo dalla stampa».

Nella riunione all'Ingv si parlò del rischio di crollo della diga di Campotosto?
«Se ne parlò qualche giorno più tardi. A Gian Michele Calvi, l'ingegnere che dirige Eucentre, fu affidato il compito di fare i calcoli per verificare la tenuta della diga. Ma i
risultati della sua analisi furono rassicuranti».

Una volta lei disse che le vittime di un sisma sono proporzionali alla corruzione di un paese. Pensava all'Aquila?
«No. Sono i risultati di uno studio scientifico che mi è capitato di leggere. Si riferiva alla pessima qualità degli edifici nei paesi corrotti. Ma non ho fatto io quel calcolo».

 

Enzo Boschi - copyright Pizzi9be 21 vulcanologo enzo boschiguido bertolaso Il terremoto visto dall'alto (foto Adnkronos)BERTOLASO jpeg