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1 - TOTTI SI SCOPRE PIÃ SOLO ROMA ADESSO LO CRITICA MAI COSÃ POCHI GOL, MAI COSÃ TANTI DETRATTORI
Luca Valdiserri per il "Corriere della Sera - Edizione Roma"
I risultati della domenica hanno reso ancor più amaro il sabato della Roma. La sconfitta contro un Milan mai così abbordabile si mescola alla vittoria della Lazio e ai pareggi di Napoli, Udinese e Catania. Tutte hanno guadagnato punti rispetto ai giallorossi nella corsa all'Europa.
Ma c'è qualcosa di ancora più doloroso che guardare la classifica: è la triste stagione di Francesco Totti. Il capitano è fermo a 4 gol: due doppiette a inizio 2012, due rigori contro il Chievo e due gol su azione contro il Cesena, l'ultima in classifica. Poco. Pochissimo. Per trovare un Totti non in «doppia cifra» bisogna risalire al campionato 2001-2002 (8 gol in 24 presenze) e per una quota più bassa addirittura al 1995-96 con 2 reti in 28 presenze. Ma aveva soltanto 19 anni.
Il clamoroso errore al terzo del secondo tempo, quando la Roma era in vantaggio per 1-0 e poteva chiudere la partita, è finito in tutte le discussioni dei tifosi. Solo una minoranza si è schierata con Totti, ricordandosi quante sono le partite che ha fatto vincere ai giallorossi. Molti di più quelli che l'hanno criticato, soprattutto per la scelta di cercare un «presuntuoso cucchiaio» anziché «tirare normalmente in porta». C'è anche chi ha voluto leggere un'accusa nelle parole di Luis Enrique nel dopo gara: «Ci manca determinazione nel finalizzare le occasioni create».
Si discute anche sul ruolo di Totti: troppo lontano dalla porta per molti. Nello schieramento di Luis Enrique, però, è quella la posizione che lascia più libertà e richiede un po' meno sacrificio in fase difensiva. Totti, però, sembra intristito nel nuovo ruolo. Lo ha accettato, ma non lo sente suo. E quando non si è convinti al 100% è più facile prendere una decisione sbagliata.
Discorso a parte per le condizioni fisiche. Totti non è sembrato al top e dopo la gara era muscolarmente affaticato. C'è chi ha ventilato l'ipotesi che abbia scelto il «cucchiaio» perché non poteva caricare il tiro sulla gamba sinistra. Così fosse, la cosa sarebbe gravissima: o Luis Enrique ha rinunciato alla legge del «gioca chi sta bene» o Totti ha nascosto all'allenatore una condizione fisica che non gli permetteva di stare in campo.
Oggi, alla ripresa degli allenamenti a Trigoria, ne sapremo di più. Stesso discorso per Borini, che risente di un affaticamento ai flessori.
In vista di Roma-Novara (domenica alle 12,30) Luis Enrique è chiamato a dare molte risposte. Vista la squalifica di Heinze e l'emergenza assoluta in difesa toccherà a De Rossi scalare sulla linea di Kjaer. Per le altre maglie non ci sono padroni sicuri.
2 - AAAH, COME FA COMODO DEL PIERO!
Maurizio Crosetti per "la Repubblica"
Il gol di Del Piero dura un secondo, più un campionato passato quasi tutto a guardare gli altri, più trentasette anni magnifici. Arriva da lontanissimo, dalle remote distanze e dall´antico buio tra Juve e Inter, eppure è freschissimo, ed è pieno di luce.
«Un´altra serata perfetta, sono troppo felice, nessun traguardo è impossibile», dice il capitano. Il suo tiro è il disegno di un bambino, è un guizzo felice, è la sicurezza di restare aggrappati al sogno. Ed è la sua prima rete in campionato, qui dentro, nello stadio tutto nuovo, dopo i due colpi in Coppa Italia contro Roma e Milan, decisivi. Tre firme dall´altissimo peso specifico, in linea con questo inimitabile personaggio.
Stavolta gli hanno dato molto più tempo del solito, l´inaudita possibilità di quasi mezza gara, e Del Piero l´ha usata con leggerezza, senza ansia. Sta diventando uno specialista della staffetta. Mentre gli arzilli vecchietti dell´Inter rientravano al ricovero per la minestrina serale, il bambino Alessandro tornava quello di Padova, quando a 13 anni stava tutto solo in collegio a imparare calcio, lui che era il più piccolo e il più timido del paese.
In pochi istanti lasciava tutti i suoi anni in panchina, e poi mica sono novanta, questo è un atleta ancora perfettamente integro, in grado di giocare da titolare almeno un altro paio di stagioni all´estero, ed è proprio quello che farà . Nell´attesa, però, vuole alzare la Coppa Italia il 20 maggio e vuole tener vive tante altre cose, anche l´ipotesi di un ultimo scudetto. Nessuno più di lui sa come si fa. «Lo scudetto? Tutto è apertissimo».
Eppure era una partita strana, l´Inter degli anni Sessanta (Poli in marcatura come Burgnich su Pirlo) aveva ostruito tutti gli spazi, obbligando poi Buffon a cinque parate, un numero enorme, gigantesco, visto che stiamo parlando dell´Inter di Ranieri. Per risolvere l´obbligo di vincere e restare nella scia del Milan volante, prima è intervenuto Martin Caceres, il difensore tuttofare: già due gol per lui a San Siro, contro i rossoneri, di fatto è stato proprio Caceres ad eliminarli dalla Coppa Italia. Ma ancora non bastava, per la sicurezza ci voleva il raddoppio, e non poteva segnarlo uno juventino qualsiasi.
Ci voleva "la Juve", e la Juve s´incarna in una sola persona, Alessandro Del Piero.
I gol contro Milan e Inter, i massimi avversari possibili, dimostrano che questo campione non è rimasto in bianconero per allungare la sua gara d´addio, e neppure per fare il capitano non giocatore, mica è il tennis. à rimasto per essere, fino in fondo e al cento per cento, semplicemente Del Piero.
Ieri sera lo hanno applaudito molto anche Andrea Agnelli, autore di quell´improvvida frase («Sarà il suo ultimo anno con noi»), e ovviamente Antonio Conte, che troppo spesso gli ha concesso briciole e anche meno. Altri avrebbero reagito, non sarebbero riusciti a mordersi la lingua, e neppure ad allenarsi per essere sempre così pronti, e freschi, e sereni. Ma gli altri non sono Del Piero.
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