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1 - FESTIVAL: SCOPPIANO LE POLEMICHE POLITICHE A LIVELLO LOCALE
Gianni Micaletto per "La Stampa - Imperia"
Il Festival è finito ma le polemiche non finiscono mai. Le riaccende il consigliere d'opposizione Daniela Cassini, accusando il sindaco Maurizio Zoccarato di aver usato il palco dell'Ariston per fini elettorali, impugnando il microfono per un paio di annunci nella notte delle premiazioni.
«Una conclusione del Festival giocata in chiave elettorale, dopo giorni grigi di critiche - attacca - Il sindaco si è ricordato delle due più importanti istituzioni culturali della città (Premio Tenco e Orchestra Sinfonica) solo a due mesi dal voto. Ben vengano, comunque, i ripensamenti dell'ultima ora. Peccato, però, che questa Amministrazione con le ultime Convenzioni-Festival firmate abbia cancellato il Tenco dalle riprese e dalla messa in onda Rai, diminuendo fortemente anche il contributo accordato e quindi mettendo il Club in grave difficoltà .
E peccato che la Sinfonica, con tutta la città , abbia dovuto subire la beffa dell'omaggio al maestro Abbado suonato dall'orchestra della Fenice di Venezia, fino alle giustificazioni dell'assessore al Turismo circa immotivate impossibilità tecniche e con richiami inesatti». E ancora: «Quest'iniziativa finale non intacca certo il nodo vero emerso: spettacolo debole, scarsa attrazione in città , la Rai chiusa nel suo fortino. E' il frutto di un evidente disimpegno della TV di Stato, di mancanza di investimenti per Sanremo, dovuta alla sicurezza di avere ormai «incassato» il Festival fino al 2017.
L'Amministrazione ha ceduto il suo potere contrattuale pur di avere dalla Rai l'anticipo nel 2013 dei 7 milioni del 2014 per coprire i buchi di bilancio, senza garanzie sulla valorizzazione della nostra manifestazione più importante. E la Rai, che ha la direzione artistica, non ha quindi creduto nè investito in questa edizione».
Infine: «E' la dimostrazione che il rinnovo anticipato non ha fatto il bene del Festival, anzi l'ha impoverito. Come ha impoverito la città , con una bislacca promozione, minore attrattiva per eventi collaterali, minori ascolti e minori presenze (se non per l'ultimo giorno), minori introiti e maggiori costi per il Comune, considerate le sedi che abbiamo dovuto mettere a disposizione della Rai al Palafiori.
Ma ormai la frittata è fatta. E anche la provocazione del sindaco su una ridiscussione della Convenzione è priva di fondamento in quanto non è prevista la rescissione contrattuale per volontà (o per scherzo), ma solo per inadempienze. Il sindaco dovrebbe quindi assumersi la responsabilità di contestare inadempienze alla Rai».
2 - RAI, LA BANALITA' IN ONDA
Ernesto Galli Della Loggia per "Style Magazine"
«Abbiamo solo 30 secondi!». L`annuncio/ intimazione - pronunciato con voce perentoria - punteggia implacabile i programmi d`informazione che caratterizzano soprattutto il primo canale di Radio Rai: potrebbe essere quasi il loro motto. Le parole fatali le pronuncia regolarmente il conduttore/conduttrice di turno sul finire dei vari Prima di tutto, Baobab, Start, Radio Anch`io e simili.
E servono sempre allo stesso scopo: a chiudere la bocca all`«ospite» chiamato a dire la sua, il quale non c`è volta che non accada - non si accorge, tapino, che la sta facendo troppo lunga rispetto al tempo assegnato alla trasmissione. La chiusura sincopata è il non casuale esito di come la radio pubblica italiana concepisce l`informazione. Al di là dei notiziari sempre e solo in un unico modo, direi: come dibattito. Per la Rai l`informazione non è qualcuno che sulla base di una sua specifica competenza e conoscenza dà delle notizie su qualcosa. Per l`appunto «informa».
No, per la Rai l`informazione è essenzialmente l`opinione su qualcosa. Le trasmissioni cosiddette d`informazione tendono così a trasformarsi fatalmente in un fiume di chiacchiere, di pareri più o meno motivati, di punti di vista personali, che scorre inarrestabile dalla mattina alla sera. à come se i giornali fossero fatti solo di interviste. Il che, come si capisce, nell`ottica di viale Mazzini presenta almeno due vantaggi.
Innanzi tutto consente di soddisfare quotidianamente l`ansia di protagonismo di qualche decina di politici. In un modo o nell`altro sono quasi sempre i politici, infatti, i massimi protagonisti dei programmi «d`informazione»: pronti naturalmente a dire la loro su tutto. Si aggiungono i giornalisti della carta stampata e, dal momento che un po` di cultura ci sta bene, anche una spolverata di professori universitari (qualche volta pure il sottoscritto). Collaborazioni tutte gratuite, come si capisce, e ciò rappresenta il secondo vantaggio dell`informazione radiofonica così concepita: costa pochissimo.
Naturalmente questo tipo di trasmissioni, perlopiù in diretta, richiede ai conduttori due requisiti non proprio comuni: da un lato essere in pratica onniscienti, conoscere ogni argomento e intervenire e fare domande, su tutto; dall`altro essere capaci di padroneggiare adeguatamente gli interventi degli «ospiti», evitandone lungaggini e divagazioni.
Qui però casca l`asino. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, si capisce benissimo che tutto quello che il povero conduttore sa è solo quanto ha letto (in fretta) la mattina sui giornali o sulle agenzie: a stento un`infarinatura. Le sue domande, allora, diventano fatalmente banali, prive di curiosità e di capacità di approfondimento; e le risposte degli «ospiti» desolatamente generiche e autopromozionali. E poiché questi ospiti sono, come dicevo, perlopiù esponenti politici, e dunque bisogna invitarne più d`uno per dare voce a tutti i partiti, aggiungendoci l`immancabile «esperto» fanno sempre almeno tre o quattro persone.
Troppe per trasmissioni compresse in genere in mezz`ora. A questo punto, così, al povero conduttore preme una sola cosa: riempire i silenzi e soprattutto che la trasmissione finisca a tempo. Più il termine si avvicina più, allora, il tono della sua voce si fa incalzante, imperioso, convulso. Dall`altra parte l`ospite non la finisce più, parla a mitraglia, «un`ultima cosa», «ancora un attimino». Finché sopraggiunge la musica a coprire tutto, ed è la fine.
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