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1. da www.businessinsider.com - Leonardo DiCaprio non ha vinto l'Oscar e il mondo s'interroga sul perché, mentre i social media optano per la parodia della sua cocente sconfitta: allora si modifica la locandina di "Prova a prendermi", dove lui rincorre la statuetta, viene postata la scena di "The Wolf Of Wall Street" dove impara l'arte della truffa da Matthew McConaughey, che gli ha soffiato l'Oscar per "Dallas Buyers Club" e via sbeffeggiando.
2. da www.independent.co.uk - Sempre testimone e mai sposo. Quando alla cerimonia degli Oscar è stato fatto il nome di Matthew McConaughey, Twitter si è lanciato all'unanimità in un "povero Leo!" con l'hashtag #PoorLeo.
Si è addirittura parlato di una cospirazione contro di lui. Il "Los Angeles Times" scrive a sua difesa che non ha bisogno di una statuina per essere riconosciuto come un grande attore. Intanto la parodia impazza e spunta una foto di un sosia dell'attore fra i disordini in Ucraina con la scritta: "Dopo la delusione degli Oscar, Leo sfoga la sua rabbia altrove"
3. da www.telegraph.co.uk - Internet s'infiamma per "il povero Leo!". La notte degli Oscar segnava il ventesimo anniversario dalla prima nomination di DiCaprio e anche la quarta volta che se ne andava a mani vuote. E' una delle inspiegabili manie dell'ecosistema della premiazione, uno strano fenomeno naturale, come il plancton bioluminescente.
A guardare la lista di buche che gli sono state date negli anni, c'è da cominciare a prenderla sul personale. Nel 1994 è candidato come migliore attore protagonista per "Buon compleanno Mister Grape" e viene battuto da Tommy Lee Jones, nel 2005 è candidato per "The Aviator" e viene battuto da Jamie Fox, nel 2007 è candidato per "Blood Diamond" e viene battuto da Forest Whitaker.
Quest'anno gli hanno soffiato l'Oscar per "Wolf Of Wall Street" dove ha interpretato magistralmente il lupo della finanza Jordan Belfort. Forse troppo magistralmente. Forse chi ha votato agli Oscar voleva vedere punito quello squalo che in parte l'ha fatta franca, voleva dare il giusto castigo a un tipo spavaldo che oggi fa il comunicatore di successo.
Ma non perdiamo le speranze: Paul Newman, che come DiCaprio è bello, gradevole, versatile e carismatico, fu nominato sette volte fra il 1959 e il 1983, senza mai salire sul podio. Poi vinse con "Il Colore dei soldi". Al Pacino dovette aspettare vent'anni e 7 nomination per vincere nel 1993 con "Profumo di donna". Da "Buon Compleanno Mister Grape" abbiamo visto crescere Leo in maniera esponenziale, forse al punto che lo diamo per scontato, al punto che guardiamo il "Grande Gatsby" o "Django Unchained" e non ci viene da pensare: «Ok, è lui che merita l'Oscar».
Forse dovrà tentare la carta della trasformazione come il McConaughey di "Dallas Buyers Club" o il Robert De Niro di "Toro scatenato" e l'età gli fornirà quelle sfumature espressive che oggi non gli vengono riconosciute. Gli Oscar hanno memoria lunga e un debole per consegnare la statuetta alla carriera. Arriverà il suo momento.
4. www.lefigaro.fr - Leo DiCaprio ha recitato in oltre cinquanta film ed è stato diretto dai migliori registi. Dopo la 86sima cerimonia degli Oscar, finita a mani vuote, la domanda sorge spontanea: perché non gli danno l'Oscar?
Quando ci si ricorda che lo hanno ricevuto Gwyneth Paltrow e Russell Crowe, allora si comincia a credere in un complotto "anticaprioista". Perché? Dovrebbe forse lasciare la madre a casa e farsi accompagnare da qualcuno che gli porta più fortuna? Oppure l'Accademia teme che, se conquistasse la statuetta, inizierebbe a sproloquiare sul riscaldamento globale, sulla necessità di salvare gli oceani, per poi andarsene via in limousine con la modella di turno?
Forse la verità è che l'Accademia ci vede lungo. I suoi membri hanno una strategia a lungo termine: gli tolgono tutto quel che si merita, per poi dargli un Oscar alla carriera. Una sola statuetta che ne rappresenta tante altre. E un solo discorso da sopportare.
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