DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
Quirino Conti per Dagospia
E intanto che si imperversa - da ogni parte e per qualsiasi argomento - con il solito mantra, "ricerca e innovazione", è con un certo orgoglio che, attorno alla Moda, si vedono fiorire "eccellenze" (termine, anche questo, da somatizzazione istantanea) degne di quella celebre Accademia che fu a Firenze il Giardino Mediceo. Ed è in tal modo che, fatalmente, si preserverà il genio stilistico italiano.
Con una miriade di istituzioni, private e pubbliche, attentissime che neppure una briciola del genio di Armani, ad esempio, o di Ferré, come di Prada o di Dolce & Gabbana, vada perduta. Ma, coltivata al più alto livello, sia pronta a fecondare, quale seme prodigioso, le future generazioni creative.
Ora, escludendo Londra, Anversa e Parigi - dalle loro celebratissime scuole sono usciti i grandi talenti di queste ultime stagioni -, tralasciando le più diverse iniziative private che, evidentemente, in quanto tali, non hanno altro scopo che il lucro, cosa dire delle pubbliche università che, pressoché in ogni regione del paese, continuano nel loro ostinato lavorio di ottundimento di qualunque eventuale predisposizione e capacità ?
E, data come ideale modello la pervicacia familistica dei vertici insediati alla Sapienza, a Roma, cosa dire poi dei corsi di laurea legati alla Moda e allo Stile tenuti un po' ovunque da ogni genere di consanguineo o da efficaci, deliziose faccendiere?
Ci sarà mai qualcuno che si assumerà il compito di verificare con quali sistemi di selezione del corpo docente (naturalmente quasi solo femminile, trattandosi di Moda!) e con quali programmi vengano portati avanti simili progetti? Chi ne abbia steso i testi, su quali bibliografie (ammesso ne esistano di attendibili) e con quali prospettive disciplinari.
Oltre la calorosa confidenza con amici carissimi e la saccente intimità con stralunate sartine centenarie, solerti nel ricordo di date e fatti assolutamente autoreferenziali se non inattendibili. A quali fondamenti di Estetica si faccia riferimento, con quali criteri d'impostazione dei corsi. Probabilmente gli stessi con i quali si è governato il boom di iscritti nelle facoltà di Scienza della Comunicazione e, all'interno delle facoltà di Architettura, nei corsi brevi di design! Ma guai a mettere in dubbio che con le facoltà di Lettere la Moda c'entri ben poco, e pure con quelle di Sociologia. Apriti cielo: i preziosi congiunti e le incantevoli ammaliatrici ne farebbero un fatto personale.
Del resto, si è mai visto che a insegnare Medicina non sia un medico? E Architettura, che so, invece, sia un clinico ortopedico? Che poi le cose possano anche mescolarsi è certo auspicabile, ma non quando ci sono da trasmettere un metodo e una tecnica. E la Moda, anche alla Bocconi, non può essere che questo: "conoscenza diretta" di metodi e tecniche, persino come riflessione filosofica.
Ma, nonostante non si parli che di "meritocrazia" (e qui il sintomo psicosomatico in genere deflagra), cosa aspettarsi di più, in un paese di cattedratici, amici e parenti?
Mentre i Grandi Testimoni tacciono o spariscono nell'ombra dell'oblio. Né qualcuno si preoccupa di salvaguardarne l'inestimabile sapere.
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