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The Hunger Games di Gary Ross.
Marco Giusti per Dagospia
Il regno di Harry Potter, di Bella Swann e dei vampiretti innamorati è finito. Arriva Katniss Everdeen armata di arco e frecce e i giochi sono chiusi. Forte di 26 milioni di copie vendute dei libri della saga ideata da Suzanne Collins, dei 300 e passa milioni incassi in America nel primo mese di programmazione, "The Hunger Games", diretto da Gary Ross, il regista di "Pleasentville" e "Seabiscuit", sbarcherà in Italia il 1 maggio.
Festa dei lavoratori. Giusto, visto che in fondo è sì un mischione di "Battle Royale" e di "Twilight", ma molto più politico, proletario e fortemente legato alla crisi globale del capitalismo. Katniss Everdeen, interpretata dalla Jennifer Lawrence di "The Burning Plain", ma soprattutto di "Winter's Bone", dove era una ragazzina povera che doveva scoprire che fine aveva fatto il padre tra i distillatori clandestini, è la nuova eroina che deve attraversare l'orrore della crisi economica, lo strapotere dei realities per arrivare dritta dritta a quella che un tempo avremmo chiamato lotta di classe.
Richiamate Bertinotti e svegliate Vendola. In un futuro non così lontano, dopo guerre dilanianti, la nazione di Panem, in pratica ciò che resta degli Stati Uniti, è dominata da una classe dirigente ricca e viziosa che vive nel lusso e nel delirio di abiti e parrucche da show di prima serata. Tutti gli altri, poveri e miserabili, sono confinati dentro dodici distretti e sono obbligati a produrre per l'oligarchia vincitrice.
Ogni anno, però, per ricordare la fine della guerra e soprattutto per impaurire la classe povera e far capire a tutti chi comanda, sono indetti gli Hunger Games, arrivati ormai alla settantaquattresima edizione, neanche fossero "Amici" di Maria De Filippi, dove si affrontano in una gara mortale un gruppo di ragazzi tra i dodici e i diciotto anni estratti a sorte dai dodici distretti.
Due, un maschio e una femmina, per ogni distretto. I ragazzi, portati nella capitale, osservati come in un reality dalla tv, sotto gli occhi del commentatore Stanley Tucci con parrucca gigante e bizzarra, prima si allenano al gioco, istruiti dai vincitori delle edizioni passate e poi si ritroveranno a uccidersi tra di loro esattamente come in "Battle Royale".
Solo uno dovrà uscirne vivo. Per ravvivare la diretta tv, come nell'"Isola dei famosi", gli autori possono intervenire con giochetti e aiutini. Katniss, che ha perso il padre a 11 anni, e odia la violenza, si offre volontaria per gli Hunger Games quando viene estratto il nome della sorellina, Primrose, troppo fragile per poter uscire viva dal gioco.
Assieme a lei, arriva dal distretto dodici, anche Peeta, Josh Hutcherson, che l'ha sempre amata. Il film è diviso a metà tra viaggio nel mondo corrotto dei ricchi e preparazione ai giochi e la gara stessa, che darà modo a Katniss e Peeta di stringere alleanze diverse e lottare con gli altri ragazzi.
Anche perché un gruppo di loro si è allenato per tutta la vita alla gara e non avrà alcuna pietà nell'uccidere. Rispetto al romanzo, molto più cruento, il film non spinge troppo sulla violenza e sulla crudeltà e Katniss è un'eroina cosciente di quel che sta facendo e cerca solo di capire come fare a uscirne.
Come l'Uma Thruman di "Kill Bill" è obbligata alla vendetta e alla violenza, anche Katniss dovrà uccidere, ma al tempo stesso si renderà conto di chi sono i veri responsabili della miseria del suo distretto e di cosa davvero significhino gli Hunger Games. Grande film avventuroso e politico, totalmente indirizzato alle nuove generazioni di ragazzi senza futuro rovinati dall'avidità del capitalismo globale, "The Hunger Games" mantiene sempre il suo equilibrio tra favola e morale grazie anche all'intensità della recitazione di Jennifer Lawrence.
E' lei, ragazza che, come in "Winter's Bone", sa di dover diventare adulta in fretta e di essere obbligata a scelte immediate, a tenere in piedi il racconto e gli angoli diversi del film, dalla satira del mondo televisivo al realismo dei giochi omicidi. Ma ogni sua scelta parte sempre dal desiderio di non essere compromessa nella violenza, e, al tempo stesso, di rapportarsi alla natura, agli alberi, agli animali, alle piante, sentendosi parte di quel mondo e non della messa in scena televisiva della classe dirigente di Panem.
Gary Ross, che ha sceneggiato il film assieme all'autrice della saga, Suzanne Collins, e a Billy Ray, spinge molto sugli eccessi dei realities televisivi e sulla follia fascista di una società che deve continuamente selezionare dei vincitori e eliminare dei perdenti. Ma il film, costruito per un pubblico di ragazzini di tredici-quattordici anni, dosa bene la sua carica politica e pamphlettistica. Ma non per questo è meno forte. Anzi.
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