DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Fabrizio Rondolino, editorialista dell'Unità, è intervenuto questa mattina ai microfoni di Radio Cusano Campus, l'emittente dell'Università degli Studi Niccolò Cusano, nel corso del format ECG, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio.
Rondolino ha parlato della crisi dell'Unità: "Sono la persona meno indicata per dire cosa stia accadendo. E' ovvio che se un giornale va male, la responsabilità primaria è del direttore. Se un direttore prende un giornale a x copie e in pochi mesi calano copie vendute, prestigio e credibilità non dovrebbe dare la colpa a tutti gli altri meno che a sé stesso, ma prima ragionare sui propri limiti, sui propri difetti e sugli errori che ha fatto nel corso degli ultimi mesi.
L'Unità rischia la chiusura, anche se è possibile che arrivino nuovi soci o che si inventi una nuova formula editoriale. E' un fatto che un giornale di carta di diffusione nazionale ha dei costi enormi, io personalmente fin dall'inizio avrei fatto solo una cosa online, perché per un giornale come l'Unità una serie di costi potrebbero essere abbattuti. Rondolino direttore dell'Unità? No, i direttori devono essere inclusivi, io sono più un polemista. Sarei un pessimo direttore".
Su Renzi: "Sono soddisfatto di questa sparizione alla Young Pope. Tutta la serie gioca sul fatto che lui non si fa mai vedere e fa impazzire il mondo. E infatti il nostro piccolo circolo politico mediatico sta impazzendo. Ho incontrato Formigli qualche giorno fa, in una occasione ricreativa, e scherzando gli ho chiesto ora come farà senza Renzi e lui, sempre scherzando, mi ha risposto che senza Renzi non sa che cosa fare. Questa cosa è formidabile, spero che duri ancora un po', un periodo di decantazione non può che fare bene a tutti, in vista di un ritorno che spero sia in grande stile".
2. "RENZI CI METTE LA FACCIA MA STAVOLTA È SPARITO QUESTO NON È UN LEADER"
Goffredo De Marchis per ''la Repubblica''
«Fa sempre così: parte, si butta, si disamora e ti abbandona. Fine della storia. E questo è un leader, questo è un segretario? ». Sergio Staino, nel suo ufficio all' Unità che nemmeno oggi sarà in edicola e tra 15 giorni, probabilmente, chiuderà per la terza volta nella sua storia (al netto dei sequestri durante il Ventennio), non si dà pace e dice che è tutta colpa di Matteo Renzi.
Ma Renzi è il segretario che ha riaperto l' Unità nel 2015.
«Ho rotto con decine di amici, mi sono preso quintalate di offese e di insulti per venire a dirigere l' Unità renziana. Il giornale è cambiato, è migliorato. Lo vedono tutti. C' è più confronto, ci sono opinioni diverse ma a Matteo non serve più. Allora lo dica: ho fatto una cazzata a riaprirlo e ora lo chiudo. Invece no. Sparito. Lui che ci mette sempre la faccia. Scomparso. Matteo, perché ti nascondi?».
Sono ore drammatiche per il quotidiano fondato da Antonio Gramsci nel 1924. L' altro ieri la notizia di licenziamenti per 12 redattori, ieri la riunione dei soci con il preannuncio di una chiusura imminente. Assemblea dei giornalisti, sciopero. Il direttore- vignettista Staino, creatore di Bobo, fondatore di Tango, il supplemento allegato all' Unità quando la tiratura sfiorava le 200 mila copie, scrive oggi una lettera aperta al segretario del Pd. Gliel' aveva spedita in privato la vigilia di Natale. Nemmeno un cenno da Pontassieve, dice.
Risposte?
«Non chiama, non risponde al telefono, non legge i messaggini ».
Oggi in edicola, di copie se ne vendono 7 mila. La crisi del settore morde tutti. L' Unità perde 300 mila euro al mese.
Il proprietario all' 80 per cento è l' imprenditore Massimo Pessina, l' altro 20 è del Partito democratico. Che sceglie direttore e linea politica. Ma con certi numeri è difficile resistere «La situazione economico finanziaria è grave. Ma la crisi vera è politica. La crisi è Renzi. Sono stato nominato da lui. Mi dice: "Fai un bel giornale, ricco, tante pagine. E dei soldi non preoccuparti, quelli ci sono". Una delle battute più infelici che potesse farmi».
Possibile che dal Pd non si sia fatto vivo nessuno?
«Renzi mi manda dei compagni di serie B, gente che non sa nulla. Oppure viene il tesoriere Bonifazi, uno che te lo raccomando, non auguro a nessuno di avere a che fare con lui. Ma il tesoriere che c' entra?».
Beh, è quello che mette i soldi. Il Pd è pronto a mettere un altro milione per la ricapitalizzazione.
«Da quel punto di vista, la gestione è stata superficiale, anche se io ho visto quanti soldi sono stati buttati nelle Unità precedenti. Roba da mettersi le mani nei capelli. Ma la proprietà del giornale è del Pd. Matteo non può abbandonarci, ci vuole un confronto politico, una partecipazione. Prima ci si parlava, adesso più nulla».
Nemmeno un po' di solidarietà?
«Sì. Da Roberto Speranza e Susanna Camusso, con la quale ho litigato una settimana fa per i voucher. Persone con cui abbiamo sempre polemizzato e che sono lontane da me politicamente. Dai renziani, niente di niente».
Perchè non si dimette se il clima è questo?
«Perchè ormai il problema non sono i licenziamenti o i silenzi del Pd. Il problema ora è la chiusura del giornale. Tra pochi giorni».
3. VIA RENZI, «L' UNITÀ» NON SERVE PIÙ - L' EDITORE PESSINA CHIUDE I RUBINETTI
Alessia Pedrielli per ''la Verità''
Stanco di rimetterci milioni, ormai libero dal giogo delle promesse fatte all' ex premier, l' imprenditore che, da un anno e mezzo, teneva in piedi L' Unità, ha chiuso i cordoni della borsa. E la situazione è precipitata: licenziamenti senza preavviso, nessun ammortizzatore sociale e liquidazione in vista.
Rischia di finire così il giornale di riferimento dei democratici, fondato da Antonio Gramsci nel 1924, tenuto in vita per anni dai fondi pubblici, già fallito una prima volta nel 2014 e poi rianimato forzosamente per volere di Matteo Renzi nell' estate 2015.
Seguendo la linea del rottamatore, il quotidiano aveva abbandonato la strada del finanziamento pubblico all' editoria per imboccare quella degli «imprenditori amici» che, quando serve, scendono in pista.
Appena finita l' era Renzi, però, l' operazione ha mostrato la corda. Massimo Pessina, presidente del gruppo Pessina costruzioni (quello che si è aggiudicato l' appalto per la costruzione della nuova sede a Torino e che, nel 2014, fatturava 74 milioni di euro e ne vantava 13 di utile) ha detto «basta». E il Pd, socio minore, ma con un golden share che va ben oltre la quota effettiva, cadendo dalle nuvole si è detto «stupito». Ennesima conferma di quanto il partito avesse preso a cuore la questione.
Che la sopravvivenza dell' Unità non fosse in cima alla lista dei pensieri dei democratici era stato evidente fin da subito: nel piano di rilancio ipotizzato nell' estate di due anni fa, uno dei punti chiave era quello degli abbonamenti, che ogni amministratore, ogni eletto e ogni singola sede di partito, in tutta Italia, avrebbero dovuto sottoscrivere. Se così fosse stato le copie, vendute quotidianamente, avrebbero probabilmente superato quota 7.000, a cui pare invece fossero inchiodate da tempo. Invece la base, spesso in contrapposizione ai voleri del premier e già in crisi per il calo di iscritti e di trasferimenti dalla sede centrale, segnali di vero interesse alla lettura del quotidiano non ne ha mai dati.
Certo, se il partito è mancato, anche la parte imprenditoriale ci ha messo del suo. Almeno secondo i giornalisti: «Per 18 mesi l' azienda non è stata in grado di presentare un piano industriale che garantisse futuro e progettualità al giornale», hanno sottolineato ieri, annunciando uno sciopero permanente. «Comunque ogni crisi dell' Unità ha sempre avuto una causa principalmente politica, ed è così anche in questo caso», hanno concluso.
Politica o no, i conti non tornavano da tempo. Nonostante i 154 milioni di euro complessi vi, ricevuti in 25 anni di finanziamento pubblico, nel 2014 il quotidiano, allora edito dalla Nie, era sprofondato in un buco da 107 milioni di euro. E, per questo, era fallito. Il debito era stato sanato con fondi pubblici grazie alla legge che garanti sce i giornali di partito e poi il quotidiano, nel 2015, era tornato in edicola edito da Unità srl.
Fondata nel novembre 2014, l' azienda ha come socio di maggioranza all' 80 per cento Piesse srl (holding detenuta al 40 per cento da Pessina e al 60 per cento da Guido Stefanelli, suo amministratore delegato nel ramo costruzioni) ed è partecipata, per il 19,05 per cento , da Eyu srl, a sua volta composta al 60 per cento dal Pd e per il 40 per cento dalla Piacentini costruzioni spa, gruppo modenese che fa capo a Dino Piacentini, a sua volta costruttore e presidente dell' Associazione nazionale imprese edili manifatturiere. Il restante 0,95 per cento, all' atto della fondazione, apparteneva a Guido Veneziani quoti diani, editore di diverse riviste come Vero, Top, Stop e altre.
Già il bilancio dei primi sei mesi di vita, alla fine del 2015, si era chiuso con un rosso da 2,5 milioni di euro, ripianato dalla rinuncia dei soci alla riscossione dei crediti verso la società. Nel 2016, poi, a quanto risulta, con perdite intorno ai 400.000 euro mensili e una raccolta pubblicitaria quasi inesistente, il passivo sarebbe raddoppiato arrivando a 5 milioni di euro in un solo anno.
Due giorni fa i soci di maggioranza hanno annunciato il licenziamento di tutti i 29 giornalisti, senza appello. «Non è accettabile il modo di agire della proprietà, in questa situazione si faccia vedere il socio di minoranza il Pd. Renzi mi dica cosa vuol fare di questo giornale», ha strepitato il direttore, di nomina recente, il vignettista Sergio Staino.
stefano pessina secondo da sinistra e ornella barra
Risposta, per ora, non pervenuta. Ieri si è tenuta un' assemblea dei soci. Piesse e Pd hanno ipotizzato due strade: la liquidazione dell' azienda o un piano di ricapitalizzazione.
Servono 5 milioni di euro per andare avanti: 1 ce lo metterebbe il partito, 4 di nuovo Pessina, che si sarebbe dichiarato disponibile. Ma l' accordo è legato ad una serie di condizioni. Una di queste riguarda il sito web L' Unità.tv, fino a oggi in mano alla Fondazione Eyu (100 per cento Pd).
Il sito rispetto al giornale ha vita autonoma: altri giornalisti, altre entrate. E una particolarità: non è una testata giornalistica vera e propria ma un blog, non registrato e senza un direttore responsabile, a cui si viene reindirizzati digitando il vecchio dominio L' Unità.it. Ora Pessina lo vuole per sé e l' idea potrebbe essere quella di portare on line l' intera testata e rinunciare al cartaceo.
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