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Da "il Foglio"
"Cosa immaginammo quando New York City fu ricoperta delle ceneri delle Torri Gemelle e dei loro morti e una parte del Pentagono fu ridotta in macerie? Avremmo mai pensato a qualcosa come â11/9, una coperta della pace' del Metropolitan Museum of Art, con disegni e parole di bambini che enfatizzano il bisogno di una sensibilità multiculturale?".
E' durissimo con il profluvio di retorica e commemorazioni sull'11 settembre il critico del New York Times Edward Rothstein.
"Le commemorazioni culturali programmate per questo anniversario includeranno composizioni associate alla morte (il âRequiem' di Brahms) e alla sconfitta della morte (la sinfonia âResurrezione' di Mahler), così come un âConcerto della pace'. E poi documentari e interviste con soccorritori, famiglie delle vittime, politici e giocatori dei New York Mets; uno show sui messaggi ricevuti dai morti dell'11 settembre; uno sulle esperienze di Paul McCartney".
La quantità di eventi culturali, scrive Rothstein, "è un pot-pourri di sentimenti e retorica, memorialistica e autocritica, riflessione e polemica politica, eufemismi e auto-obliterazione.
Sembra che ogni istituzione culturale, televisione e casa editrice si senta in dovere di produrre qualcosa sull'11 settembre". Il critico del Times se la prende con la famosa domanda, "Perché ci odiano?". "E come i teologi dopo il terremoto catastrofico di Lisbona nel XVIII secolo, molti intellettuali non si sono fatti attendere nel dichiarare che la devastazione era una vendetta. Per questo l'attentato è spesso maldefinito âtragedia'.
Questo impulso a biasimarsi percorre molte commemorazioni culturali. Molti libri sull'11 settembre pubblicati oggi sono collezioni sentimentali, mentre un'altra parte sono critiche alla politica americana prima e dopo l'11 settembre. Questo significa che la memorializzazione, anziché semplicemente ricordare i morti o rafforzare la volontà di trovare il nemico, è diventata l'opportunità per spingere oltre questi argomenti. Il disastro è commemorato in modo ambiguo".
Non risparmia neppure Obama e la Casa Bianca. "Nei âtalking points' della Casa Bianca non si suggerisce alcuna celebrazione dei successi del passato decennio, come se la Casa Bianca si sentisse in colpa. Si minimizza il fatto che la forza militare abbia a che fare con le perdite di al Qaida. Si amplifica il fatto che le commemorazioni debbano âenfatizzare ciò che è positivo'. Implicita è l'idea che se allora la risposta all'11 settembre fu la âpaura', oggi è la âresistenza'. E la resistenza implica passività . Si tratta l'11 settembre come se non fosse l'11 settembre. Non è sull'estremismo islamico o sulle proclamazioni jihadiste. Non è nemmeno su di noi.
Ci viene detto: âOnoriamo tutte le vittime del terrorismo in ogni nazione del mondo, a New York o Nairobi, Bali o Belfast, Mumbai o Manila, Lahore o Londra (città spezzate dal terrorismo sono state omesse perché forse avrebbe comportato il riconoscimento che Gerusalemme e Tel Aviv affrontano qualcosa di simile?)'.
La Casa Bianca è ansiosa di filtrare ogni aspetto storico dell'11 settembre e proclama questo anniversario âterzo giorno ufficiale del servizio e del ricordo', da usare per incoraggiare âlo spirito di unità '. E' impossibile immaginare che in mezzo a concerti e tappeti per la pace, comunicazioni dello spirito del mondo e varie forme di esorcismo psicologico e politico, ci sia anche il riconoscimento di ciò che era in ballo quel giorno e lo è tutt'ora?".
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