CHIAMATELA LA3! - CON RUFFINI, LA7, DIVENTA LA NUOVA RAI3: STESSI PROGRAMMI, STESSI PERSONAGGI: DA DANDINI A SAVIANO E IN COMODATO FABIO FAZIO - “RACCOMANDAZIONI? IO NE RICEVO POCHISSIME. ANCHE PERCHÉ SONO SOLITARIO, TACITURNO, E NON RISPONDO AL TELEFONO. FORSE È PER QUELLO CHE VOLEVANO FARMI FUORI” - POETICO: “FARE TELEVISIONE PREVEDE TALVOLTA QUALCOSA DI IMPALPABILE”…

Alessandra Comazzi per "la Stampa"

Dal 10 ottobre Paolo Ruffini, 55 anni, dirige La7, dov'è approdato dopo un'altra sofferta quanto proficua direzione, quella di Raitre. Questo intellettuale siciliano di poche parole era riuscito a mantenere l'identità della rete ereditata da Guglielmi, attraverso le tempeste politiche e aziendali: rimosso, e rimesso al posto di prima per decisione del giudice del lavoro.

«Non potevo stare lì a vita, imporre la mia presenza? Non volevo si pensasse a me come a uno imbullonato alla sedia. E allora quando ho ricevuto la proposta di La7, ho accettato». Ruffini ha presentato ieri a Torino il suo Scegliete! , Add Editore, un piccolo libro di meditazione, sottotitolo: «Discorso sulla buona e la cattiva televisione». Il librino sembra quasi profetico: «Cambiare vuol dire costruire le condizioni per una alternativa». E lui evidentemente se le era costruite.

Che cosa vuole fare adesso?
«La sfida è entusiasmante. Sono in una rete dove si ha l'ambizione di affrontare i grandi, Davide e Golia, davvero. D'altronde le sfide si vincono anche, venerdì Crozza ha battuto, con uno spettacolo praticamente teatrale, costruito in tv, Canale 5, Raidue, Raitre. Anche Formigli con Piazzapulita va benissimo. Sono successi di cui mi posso vantare perché i palinsesti in onda adesso non li ho decisi io».

Aveva però deciso quelli di Raitre: che cosa le dà soddisfazione sulla rete ora diretta da Di Bella?
«Il programma di Bollani, per esempio. Si dice che dovrebbe andare in prima serata. Sbagliato. Non si butta allo sbaraglio una trasmissione gradita, ma delicata. Quando credi in un personaggio, in un progetto, lo devi riparare, proteggere».

Il riparo della nicchia: e la Dandini?
«La Rai ha commesso l'errore di chiudere uno dei migliori programmi in onda, il suo, e lei è sul mercato: certo, ci stiamo parlando. E lavoriamo a un progetto diverso rispetto a Parla con me ».

Altre novità?
«Ci saranno sorprese, che non voglio rovinare. Tornerà Paolini, torneranno Fazio e Saviano con Vieni via con me : su Raitre fu il programma più visto della stagione, dopo il Gran Premio di Abu Dabi. Magari non faremo tutti quei milioni di spettatori o magari sì, chissà».

Ma per lei quantità non è sinonimo di cattiva qualità?
«Assolutamente no. Anzi, sono convinto che si debba puntare alla somma delle due».

Quando Fazio cominciò «Che tempo che fa», non andava bene: ma lei gli diede fiducia, non lo chiuse. Non badava alla quantità?
«Ci badavo, e sentivo che sarebbe arrivata. Fare televisione prevede talvolta qualcosa di impalpabile».

Quanto è libero di decidere a La7?
«Liberissimo. E devo pensare solo a La7, non ad un insieme di canali, come alla Rai. La mia visione è la stessa: una rete con una fisionomia precisa, che va dal mattino di Omnibus , di Myrta Merlino, di Benedetta Parodi, al pomeriggio di Atlantide , al tg di Mentana, e poi Gruber, Lerner. All stars ma anche quotidianità: una rete che il pubblico sceglie perché la sceglie, non perché la subisce».

A proposito: subiva tante pressioni alla Rai?
«Tutti i guai politici si sono sempre consumati alla luce del sole. Niente di più».

Molte raccomandazioni?
«Io ne ricevo pochissime. Anche perché sono solitario, taciturno, e non rispondo al telefono. Forse è per quello che volevano farmi fuori».

 

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