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Fulvia Caprara per "la Stampa"
Chi si rivede, i pugni chiusi. Cacciato dalla porta delle ideologie, cancellato anche dai ricordi di chi, seppure alla lontana, avrebbe potuto raccogliere la parte migliore della sua eredità politica, il comunismo rientra dalla finestra dell' immaginario collettivo e riempie, con pensieri, parole, personaggi, una schiera di film arrivati o in arrivo sugli schermi, candidati agli Oscar, venduti in tutto il mondo.
Durante l' ultima Mostra di Venezia Miss Marx di Susanna Nicchiarelli e Cari compagni di Andrej Konchalovskij annunciavano un grande ritorno, poi divenuto sempre più evidente, come se, rievocando l' utopia, si potesse ritrovare un guizzo di entusiasmo, un fremito battagliero da adattare alle lotte di oggi.
Nell' ultimo numero di Cineforum, la storica rivista rilanciata da Emanuela Martini, ex-direttore del Tff e ora alla guida del trimestrale, il fenomeno è analizzato in un ampio articolo di Alberto Crespi intitolato Pastorale comunista: «Abbiamo pensato - spiega Martini - a una riflessione sul mondo post-comunista, volevamo ragionare sul socialismo utopico e sul modo in cui quell' idea continua a circolare nel mondo contemporaneo. Al di là di tutto quello che è successo, si tratta, comunque, di uno dei pensieri più importanti del '900».
Dalla Russia senza amore, ma, anzi, con il gusto amaro degli ideali offesi e calpestati, Konchalovskij descrive, in Cari compagni (in uscita appena sarà possibile), la vicenda, risalente al '62, di un sacrosanto sciopero operaio, in una cittadina del Sud della Russia, represso nel sangue, in pieno regime Kruscev, ad opera dei militari sovietici.
Dall' altra parte del mondo, pochi anni dopo, nel '68, succedeva, come racconta il regista e sceneggiatore Aaron Sorkin nel Processo ai Chicago 7 che un gruppo di attivisti contrari alla guerra in Vietnam venissero processati con l' accusa, infondata, di aver organizzato lo scontro tra manifestanti e Guardia Nazionale durante la convention democratica. Nella sequenza finale, mentre il leader Tom Hayden (Eddie Redmayne) legge i nomi dei giovanissimi caduti in Vietnam provocando l' onda di emozione e di sdegno che precederà le sentenze, gli imputati si alzano in piedi con il pugno chiuso.
Lo stesso gesto riappare nelle sequenze di Judas and the Black Messiah di Shaka King, super-candidato ai prossimi Oscar, proprio come Il processo ai Chicago 7, visibile in Italia a breve, prima della notte delle stelle. Al centro del racconto l' epopea delle Pantere Nere e del leader Fred Hampton (Daniel Kaluuya), politico e ideologo marxista che, nella scia di Malcolm X e di Martin Luther King, portò avanti la battaglia per i diritti degli afroamericani fino al giorno del suo omicidio, ad opera dell' Fbi, nel dicembre del '69.
Il Giuda cui si fa riferimento nel titolo era Bill O' Neal (Lakeith Stanfield), piccolo criminale infiltrato nelle Pantere Nere con incarichi di spionaggio, poi conquistato dall' empito rivoluzionario di Hampton: «La sua forza - ha dichiarato Kaluuya - era nella capacità di svegliare la gente dal sonno in cui era scivolata, nel suo reale interessarsi alle persone». Intorno agli stessi argomenti, osserva ancora Emanuela Martini, ruota anche One Night in Miami in cui la regista Regina King propone una riflessione «su una specifica lotta di classe e di pelle».
La rilettura in chiave «comunista» può adattarsi, secondo il critico Crespi, perfino alla serie The Mandalorian, spin-off di «Star Wars» disponibile su Disney Plus: «Apparentemente la serie parla di un eroe solitario, un cacciatore di taglie che si rifiuta di consegnare ai "cattivi" una creatura (Yoda neonato) che sembra valere più oro di quanto pesi, ma il sottotesto della serie è che nessun individuo può farcela da solo: il Mandaloriano dovrà trovare alleati e, in ogni episodio, mettere il suo talento bellico al servizio di giuste cause sparse per la galassia».
Dell' ampio spettro di rivisitazioni fa parte anche l' esemplare di «commedia vampiro-marxista» Bloodsuckers, scritta e diretta da Julian Radlmaier e presentata in anteprima all' ultima Berlinale. Ambientata nel 1928, la vicenda segue le mosse di un operaio sovietico scelto per interpretare la figura di Trotsky in un film di Sergei Eisenstein.
La rottura tra Stalin e il vero Trotsky farà saltare la pellicola, costringendo il protagonista mancato a lasciare il suo Paese e a rifugiarsi, fingendosi aristocratico, in un lussuoso resort sul Baltico. Qui si innamorerà a prima vista della vampira Octavia Flambow-Jansen, giovane, ricca e molto eccentrica. Le vittime dello stalinismo possono perfino diventare prede dei succhiasangue e, a quel punto, non c' è più nessuna via d' uscita
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