RUZZOLARE DALLA SCALA - AL TENORE POLACCO PIOTR BECZALA (ALFREDO), I FISCHI RICEVUTI AL TERMINE DI TRAVIATA NON SONO PROPRIO ANDATI GIÙ

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Paola Zonca per "la Repubblica"

Al tenore polacco Piotr Beczala (Alfredo), i fischi ricevuti al termine di Traviata non sono proprio andati giù. Già la sera della "prima" aveva postato su Facebook una dichiarazione di guerra nei confronti del pubblico milanese: «Non canterò mai più alla Scala. Credo che d'ora in avanti dovranno chiamare solo artisti italiani».

Nel pomeriggio di ieri, la rabbia non è sbollita (pazienza se lo stesso trattamento lo subì pure Maria Callas, oggi osannata, ma a quei tempi non esistevano i social network), ed ecco un altro post: «Non ero d'accordo col regista, ma sono un professionista, ed ho interpretato il personaggio come lui chiedeva. Non sono mai stato fischiato in nessuna parte del mondo. Questa volta onorerò il mio contratto, ma d'ora in poi in Italia verrò solo in vacanza». Solidarietà da decine di fan su Facebook e dal sovrintendente Stéphane Lissner: «È uno dei pochi bravi tenori del momento, non ha mai ricevuto contestazioni. Questo è il frutto di una situazione paradossale: a causa di una parte fanatica del pubblico
molti artisti non vogliono venire a cantare alla Scala».

L'altro deluso della serata inaugurale, il regista Dmitri Tchernaikov, accolto in proscenio da fischi e buuu ben più decisi provenienti dal Loggione, ha invece con altro aplomb: non si è scaldato più di tanto, ha ringraziato artisti e maestranze nella festa sul retropalcoscenico, e infine ha ammesso che i dissensi fanno parte del gioco del teatro. «Sono consapevole
che un conto è mettere in scena alla Scala due titoli del repertorio russo come Onegin e
Il giocatore, che infatti hanno avuto successo. Un altro è fare Traviata: un titolo sacro per gli italiani e per la Scala, che tutti conoscono e che fa parte del dna del pubblico».

Troppi conservatori? «Ho realizzato quello che volevo senza scendere a compromessi, e la Scala, che è una grande istituzione, mi ha sempre difeso e supportato. Ma non pretendo che le mie regie piacciano a tutto il pubblico. I dissensi sono normali in teatro. E la Scala non è l'unico luogo dove succede: anche a Parigi c'erano state contestazioni per il mio Macbeth e ad Aix-en-Provence per il Don Giovanni».

Un copione annunciato, visto che già nei giorni precedenti alla "prima" sui siti dei melomani si sono sprecate ironie e critiche preventive allo spettacolo, e diffuse voci incontrollate sulle stranezze dell'allestimento. E ieri, all'indomani della serata inaugurale, è arrivata puntuale la stroncatura del Corriere della Grisi, blog sui cui scrivono i più accaniti appassionati d'opera: Traviata viene definita in milanese "ourdinaria ‘mel pan gial"
("ordinaria come il pane giallo").

Certo anche la platea si è divisa sull'allestimento: molti spettatori hanno trovato alcune soluzioni stravaganti e poco aderenti al libretto. «Posso solo dire che ho provato a far emergere dei temi dell'opera solitamente trascurati - ha detto Tcherniakov - Oggi l'aspetto dei mali sociali, della reputazione e dei pregiudizi passa in secondo piano.

Ciò che ancora ci lega alla storia di Violetta e Alfredo è che parla di noi, di un sentimento che riguarda tutti: l'amore. Ci fa paura? Lo respingiamo? Come reagiamo? Ecco: io ho provato a mettere l'accento su un frammento della vita dei tre personaggi principali di
Traviata e di capire come vivono i loro sentimenti. Perché è questo che ci interessa».

 

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