1- SEMIFINALE MERITATAMENTE CONQUISTATA. ERA INIZIATA MALE. CON LA BOCCA IMPASTATA E LA BESTEMMIA NELLA TASCA. 120 MINUTI DI GOL SPRECATI (DUE PALI!). FINISCE CON GLI ABBRACCI. CON LO STESSO DESTINO DELL’’82 E 2006. CON LA TEMPESTA IN PATRIA E LA GLORIA FUORI. I CAROSELLI PER STRADA E L’ESTATE ITALIANA. NOTTI MAGICHE. ASPETTANDO UN BALOTELLI CHE FA GOL. ANCHE QUANDO NON ARRIVA. ANCHE QUANDO SBAGLI IL PRIMO RIGORE 2- TERMINA CON PRANDELLI CHE SCAPPA DALL’INTERVISTA POSTPARTITA PER ABBRACCIARE IL SUO CAPITANO. CON I PASSATI RECENTI GIÀ AMNISTIATI D’UFFICIO NELLA MIGLIORE TRADIZIONE ("BUFFON? MA NON HA MAI SCOMMESSO”) E GIOVEDI' LA NEMICA DI SEMPRE, LA GERMANIA ALL’ORIZZONTE, TRAVESTITA CON IL CULONE INCHIAVABILE DELLA MERKEL

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DAGOREPORT

Finisce con gli abbracci. Con lo stesso destino dell''82 e del 2006. Con la tempesta in patria e la gloria fuori. I caroselli per strada e l'estate italiana. Notti magiche. Aspettando un gol. Anche quando non arriva. Anche quando sbagli il primo rigore. Termina con Prandelli che scappa dall'intervista postpartita per abbracciare il suo capitano.

Con i passati recenti già amnistiati d'ufficio nella migliore tradizione (Buffon? Non ha mai scommesso) e la nemica di sempre, la Germania all'orizzonte, travestita da Merkel. Simbolismi. Diamanti. Semifinale meritatamente conquistata. Era iniziata male. Con la bocca impastata e la bestemmia nella tasca. «Scusi chi ha fatto palo?».

Domenica alle ore 20:45, in telecronaca diretta da Danzica, Inghilterra-Italia, valevole per i quarti di finale degli Europei ucrainopolacchi. Per un 24 giugno da ricordare, ogni Fantozzi d'Italia covava un programma formidabile: calze, mutande, tavolinetto di fronte al televisore, frittatona di cipolle, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato, rutto libero! «Scusi chi ha fatto palo?».

Daniele De Rossi al terzo minuto e noi, come il grande cinico genovese impegnato nel secondo tragico episodio della sua saga, avremmo voluto spaccare il vetro del televisore come Villaggio, avviato verso un tragico film cecoslovacco, ruppe all'epoca quello del vicino.

Estate, caldo, zanzare. Città deserte e code chilometriche sulla via del ritorno. Ci sono gli inglesi. L'origine e la mitologia. Un portiere di rosso vestito, Hart, che ricorda Shilton e nel suo campionato è compagno di squadra di Balotelli. Il nero con la criniera bionda che incrina il primo tempo di una sfida dominata per 45', mancando per un soffio lo schiaffo decisivo.

Cassano gli danza intorno, lo assiste, lo cerca. L'Inghilterra si limita ad arare le fasce. Qualche cross in mezzo, un'occasione notevole di Johnson (bravo Buffon) cento secondi dopo la magia di De Rossi (tiro al volo del romanista, su assist di Marchisio, quasi troppo perfetto al terzo minuto), un colpo di testa di Rooney al 14', lo sguardo di Hogdson, il tecnico di sua maestà, imperturbabile al contesto.

Sembra un annoiato rappresentante della Camera dei Lord. Braccia conserte, occhiaie, riccioli bianchi che scendono sull'amplomb e lo vestono di indifferenza. Hodgson e i suoi assistono al monologo italiano. Al 26' Balotelli è solo. I difensori in bianco, indietro. Due metri di vantaggio. Basterebbe tirare, Balo cerca il pallonetto, Lescott fa un prodigio e si rimane zero a zero.

Come qualità non c'è partita. Il lavoro enorme di De Rossi (maestoso, uscirà per infortunio all'80) e Pirlo, la qualità dei singoli, il lusso dei centrocampisti dai piedi buoni di Prandelli, una difesa sicura, dieci minuti di Cassano ispirato che scalda le insicurezze di Hart e una sola chance (non modesta però) di Welbeck. La palla sorvola la traversa ed è giusto così.

Al rientro, dimenticati i contrasti di Gentili e Dossena, le sciocchezze scioviniste di Mazzocchi: «Servono 11 leoni» i desideri pregara sopiti (dio c'è) di Pannofino: «Me devi fà legge la formazione come l'altra volta», «Non c'è tempo Francesco», è di nuovo monologo.

Prima De Rossi manca il tocco al quarto, poi Hart al 52'nega due volte (stile imbarazzante, massimo profitto) la rete a "Capitan futuro" e Balotelli nella stessa azione, prima che Montolivo indirizzi in curva da due metri. Balotelli spreca ma è indemoniato e ne tiene in apprensione tre per volta. Tra testate e cambi (Hodgson ne tira fuori due al 60') si scivola verso un equilibrio inclinato in cui l'Italia preme e l'Inghilterra si difende a tratti con affanno.

Se finisse ai punti alzerebbe il braccio Abete, in tribuna, fieramente seduto al fianco di Roi Michel Platini. Invece ai punti si decide solo tra boxeur e neanche l'ingresso del geniale Diamanti, di Maggio e di uno del mestiere, il pugilatore Nocerino, strepitoso a un soffio dalla fine (ancora Johnson a rimandare la doccia) basta a evitare supplementari ingenerosi.

Si suda, si soffre, si sopporta anche il cicaleggio lontano del bordocampista: «Non fiata più nessuno, tutti tesissimi». Fratelli d'Italia, precipitati ancora una volta. Nel caldo del grembo fantozziano: «Tiro, nuca del terzino inglese, tibia di Capello. Nuca ancora. Mischia paurosa! Naso! Nuca! Tibia! Nuca! Orecchio! Entra Pulici, fuori di un soffio! Scusate l'emozione, amici che state comodamente seduti davanti ai teleschermi, nessuno escluso, ma sono 170 anni che non vedevo una partenza così folgorante degli azzurri!», nella paura della beffa, nella scritta viola che a sinistra del "tivvùcolor" segna il minuto cento.

Diamanti inventa un cross. Sembra Zola in un lontano pomeriggio genovese, o Maradona che beffa Giovanni Galli a Puebla nell'86. Il pallone pare sollevato da due mani, gira, gira, gira. «Chi ha fatto palo?». Diamanti questa volta. Altro legno. Altro singulto. Gli inglesi sembrano statue. Fermi, immobili, senza lo straccio di un'idea.

Tengono la trincea, palleggiano, non appena qualcuno agli ordini del generale Gerrard sbaglia nel fraseggio, annaspano paurosamente. Tutti insieme. Una zattera. Ma una zattera che non affonda. Centocinque. Secondo tempo. Prandelli ammannisce pacche sulle spalle, Buffon incita i suoi, i telecronisti si sdraiano volentieri: «Si è cpomportato ancora una volta da capitano». Gentili inciampa nelle terminologie: «Ancora quindici minuti in appenea, scusate in apnea» e riesuma «i tiri dal dischetto».

Corni, cornetti, grattate. Rumore di scaramanzia. Dovremmo essere a pezzi, ma evidentemente, gli altri, a iniziare da Rooney (ormai il sosia di Mario Corsi detto Marione, comunque oltre il legittimo soprappeso), stanno peggio. Centododici. Diamanti è scatenato. Balzaretti gli dà una buona palla, lui la appoggia a lato. Possesso palla magistrale. Gli inglesi non ci sono, non ripartono, non spingono mai. Centoquindici.

Ancora Diamanti. Parabola perfetta. Nocerino segna di testa. L'arbitro, il portoghese Proenca, fa pagare il biglietto e annulla. Urla selvagge. Un'onda nella città: «Ma vaffanculo", "bastardo", "infame". Centosedici. Angolo. Lele Pin, ex Lazio di Fascetti, ora secondo di Prandelli, tiene il volto tra le mani. Hodgson è paonazzo. Ne mancano meno di tre. Poi nessuno. Rigori. Liturgie. Ci si abbraccia. Ci si dà forza. Monetine.

Un tempo, vedi Euro 1968, finiva direttamente così. Ora almeno si calcia dagli undici metri. Sotto la curva italiana. Parte Balo. In allenamento con Hart, finisce sempre con una sfida così . Oggi vale di più. Angolo destro, Hart sfiora, ma è gol. Uno a zero. Poi Gerrard. Fischi. Gli inglesi alle spalle. Tiro identico a quello di Balotelli, stesso risultato. Uno a uno. Montolivo. Un figlio di Prandelli.

Come Cabrini contro Schumacher a Madrid nell'82, ma dall'altro lato. Fuori. Dossena: «Di solito chi sbaglia per primo poi vince». Invece Rooney segna. 2-1. Pirlo. Una certezza. Cucchiaio folle. Pazzesco. 2-2. È un diversivo psicologico. Infatti Young prende la traversa e qualcosa, definitivamente, cambia. Nocerino gol per il 3-2 e adesso il terrore è inglese. Ashley Cole. Parà Buffon. Diamanti. Semifinale. Mai cosi sacrosanto e dio, adesso, se può, salvi la Regina.

 

 

LA PARATA DECISIVA DI BUFFONBUFFONPRANDELLI E DIAMANTIMAGGIO BALOTELLIDIAMANTI ESULTA DOPO IL RIGORE DECISIVOROONEY E GERRARDROONEYIL CUCCHIAIO DI PIRLONOCERINOBALOTELLI PENALTYBUFFON PARAMONTOLIVO SBAGLIAITALIA-INGHILTERRA