DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Judith Mackrell per “The Guardian”
Nell’estate 1948 la Biennale di Venezia si rimetteva in piedi dopo la guerra. Fu un evento storico che celebrava sia la pace internazionale sia la fine del fascismo in Italia, infatti fra gli artisti in mostra c’erano molti dei ‘degenerati’ banditi da Mussolini.
L’attrazione principale, comunque, non si trovava nei padiglioni nazionali, ma nella collezione di arte moderna di Peggy Guggenheim: per alcuni fu una rivelazione, per altri spazzatura. Perry adorava essere la stella della Biennale, ogni giorno andava a guardare la lunga fila all’ingresso e il trionfo la convinse a comprare casa a Venezia.
A New York, nonostante il successo, sentiva di essere considerata solo una donna ricca con un progetto vanitoso. Fu anche giudicata per essere rimasta attiva sessualmente a mezza età e aver condotto una vita promiscua (pare abbia avuto circa mille uomini). Tra i suoi amanti ci furono Samuel Beckett, Yves Tanguy, Marcel Duchamp e John Cage. Dopo il naufragio del matrimonio con Max Ernst, ne trovò altri. Accettabile per un uomo, non per una donna di 50 anni. Peraltro nemmeno bella, infatti Jackson Pollock diceva che sarebbe andato a letto con lei solo se si fosse coperta con un asciugamano.
Venezia prometteva un nuovo inizio, un benvenuto più civile. Comprò il palazzo Venier dei Leoni sul Canal Grande e ci andò a vivere con cani e quadri. Lì rimase per 30 anni e durante l’estate lo aprì al pubblico. Dato che non c’erano bagni nei pressi della mostra, i visitatori pisciavano tranquillamente nel giardino. Stravinsky, Cocteau, Chagall, Capote e Gore Vidal furono tutti ospiti dell’eccentrica ereditiera. A Venezia la soprannominarono ‘l’ultima dogaressa’, che viaggiava in gondola con strani occhiali da sole e cani.
Prima di lei, quel palazzo era stato abitato dalla Marchesa Luisa Casati, sposata a un ricco industriale ma folgorata dall’esteta Gabriel D’Annunzio, decise di trasformare l’edificio in un’opera con interni in marmo e oro, girava con scimmie e pappagalli esotici, e sei camerieri neri per codazzo. Nel 1913 occupò Piazza San Marco, vestita in modo stravagante, con duecento camerieri e scimmie, falconieri, bandiere e musicisti che facevano la serenata dalla laguna. Alle feste si presentava vestita da Arlecchino, da Lady Macbeth. Una volta indossò il vestito cubista alla Picasso, fatto di luci elettriche, e si prese una forte scossa.
Luisa finì in bancarotta a forza di vivere come fosse lei stessa un’opera d’arte. Il palazzo passò a Doris Castlerosse, nata Delevingne, prozia di Cara, indomabile traditrice del marito Valentino. Tra le sue conquiste ci furono Winston Churchill e Cecil Beaton. Fu una forza sociale a Venezia, ma poi scoppiò la guerra e tutto svanì.
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Doris cancellò le tracce di Luisa così come Peggy cancellò le sue. Tutte e tre hanno occupato il palazzo da single, trainate da una moralità per nulla convenzionale. La loro storia è raccontata nel libro ‘The Unfinished Palazzo: Life, Love and Art in Venice’, edito da Thames and Hudson, in uscita il 2 giugno.
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