ANCHE LE SPIE HANNO UN GOOGLE - NASCE “RIOT”, IL SOFTWARE CHE “TRACCIA” LA VITA DEGLI UTENTI - LO HA PROGETTATO L’AZIENDA DI SICUREZZA RAYTHEON, E ANALIZZA LE INFORMAZIONI IMMESSE DALLE PERSONE SUI SOCIAL NETWORK - È IN GRADO, IN POCHI MINUTI, DI IDENTIFICARE I LUOGHI PREFERITI DA UN UTENTE, LE SUE ABITUDINI E LE SUE RELAZIONI, RIUSCENDO, CON TANTO DI GRAFICI, A PREVEDERNE LE DECISIONI...

Andrea Andrei per Dagospia

Da "Guardian.co.uk"

Ormai si conoscono bene i rischi per la privacy legati all'utilizzo dei social network. Le autorità per la tutela della riservatezza lo stanno ripetendo da anni: non fornite su Facebook o Twitter troppi dettagli dei vostri spostamenti, non inserite troppe informazioni che, anche se lì per lì vi sembrano del tutto superflue, possono rivelarsi importanti. Il rischio è quello di essere spiati, dalle aziende piuttosto che dal governo oppure, peggio ancora, da malintenzionati abili col computer.

E se prima almeno richiedeva un minimo di ricerca, adesso "tracciare" l'intera vita di una persona è un'operazione fattibile in pochi minuti. Raytheon, una multinazionale della sicurezza, ha progettato e realizzato un software che, incrociando i dati immessi dagli utenti sulle reti sociali, può seguirne gli spostamenti, intercettarne le preferenze, e addirittura prevederne le scelte.

Il programma, che sta scatenando un putiferio, si chiama "Riot" (Rapid Information Overlay Technology), ma l'azienda produttrice giura di non averlo diffuso a chiunque, ma solo al governo degli Stati Uniti e all'industria, nel 2010, per costituire un sistema di sicurezza che potesse analizzare "miliardi di entità" nel cyberspazio.

Il problema, naturalmente, è che una simile tecnologia può facilmente trasformarsi in una sorta di "Google per le spie", ed essere utilizzata come mezzo di controllo. La questione si fa ulteriormente intricata se si pensa che il software in questione in realtà raccoglie tutte le informazioni in maniera assolutamente legale, perché analizza solo i dati pubblicati dallo stesso utente su piattaforme pubbliche.

Un video pubblicato dal quotidiano britannico "The Guardian" (disponibile al link sotto al titolo) dimostra l'efficacia di Riot, ed è davvero impressionante. Prendendo come cavia Nick, un collega, il ricercatore di Raytheon Brian Urch, si mette a cercare informazioni. Gli basta scrivere nome e cognome sulla barra di ricerca del software, ed ecco che riesce ad accedere ai luoghi che Nick frequenta più spesso (grazie a Foursquare, un'applicazione fotografica per smartphone molto diffusa), agli spostamenti effettuati, addirittura alle sue abitudini quotidiane. Una serie di grafici mostrano infatti con quale frequenza Nick va in palestra, a che ora e a che giorno. Informazioni che semplificherebbero non poco il lavoro, ad esempio, dei ladri d'appartamento.

Non solo, perché grazie a Riot è possibile anche visualizzare il complesso sistema di relazioni di Nick, con vasti schemi a grappolo. Cosa che non identifica solo dove si trovi, ma anche con chi.

Diversi difensori della privacy si stanno facendo sentire, sostenendo la pericolosità del software. Infatti spesso gli utenti non conoscono fino in fondo il trattamento riservato alla propria privacy sui social network, la cui regolamentazione in materia è piuttosto vaga.

Raytheon (che ha avuto un fatturato di circa 16 miliardi di euro nel 2012) si difende, sostenendo di operare solo per la sicurezza degli Stati Uniti. L'azienda non voleva che il video fosse diffuso proprio perché Riot non è stato reso disponibile per chiunque.

Certo però le questioni restano. E soprattutto resta la consapevolezza di aver rinunciato, ormai definitivamente, alla propria dimensione privata.

 

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