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DAGONOTA
Diceva Isaac Asimov “il computer ha difetti quasi umani, tranne quello di attribuire i propri errori a un altro computer”. Ma nei media tradizionali, che ormai navigano come una zattera senza bussola nell’oceano informatico del Web, fanno finta invece di ignorare la massima del grande divulgatore scientifico di “Io, robot” per giustificare la perdita di credibilità e di copie.
MARIA GRAZIA CAIAZZO MADRE DI VALERIA VALENTE
Così, come tanti automi programmati dal cazzaro Renzi, lunedì mattina tv e grandi giornali (con qualche eccezione) si sono affrettati a commentare le primarie-truffa del Pd a Napoli come se fosse stato l’ennesimo successo del piccolo Ceasescu di Rignano sull’Arno.
E se nel capoluogo campano il video giornale on line Fanpage.it (complimenti), diretto da Francesco Piccinini, non avesse mostrato la vergogna dei voti comprati fuori dai seggi per la candidata vincitrice, Valeria Valente, i lettori del Corriere sarebbero ancora fermi alla versione del soave Aldo Cazzullo secondo il quale, bontà sua, il “rito” delle primarie, di là della bassa affluenza, “si conferma uno strumento utile ad attenuare le distanze tra elettori ed eletti, a rispondere alla domanda di partecipazione che nonostante gli scandali anima ancora le grandi città del Paese”.
Nulla, neanche un’indiscrezione, sui raggiri laurini accaduti dentro e fuori i gazebo. A Napoli il quotidiano diretto da Machete Fontana dispone di una propria edizione locale, con il sospetto (interno) che qualche cronista al seguito del candidato perdente e mazziato, Antonio Bassolino, si sia addirittura autocensurato.
Della serie, insomma, non disturbare il manovratore (di turno). Quel Renzi che, en passant, è anche segretario del Pd delle anime morte, anche se quel ruolo di responsabilità non va mai ricordato in nome del santo Nazareno a cui si sono votati (da suicidi) i poteri marciti che controllano quel che resta della carta stampata.
Anche se alle ultime primarie – come ha rilevato puntuale Ezio Mauro su la Repubblica -, è andato a votare soltanto “lo scheletro del partito che ancora lo tiene in piedi”. Vacilla, invece, quel che resta della credibilità della stampa. Del resto, sosteneva Karl Kraus, i giornalisti godono di tutto “tranne di una invidiabile reputazione”.
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