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Polisse di Maiween Le Besco. In sala dal 3 febbraio.
Marco Giusti per Dagospia
Svegliate Valsecchi e tutti i produttori di polizieschi per cinema e tv e mandateli a vedere "Polisse", pompatissimo film diretto, scritto e intrepretato dalla bella e antipatica Maiween, una cavallona che a 16 anni si e' sposata con Luc Besson e ha avuto da subito una carriera di successo da attrice e regista.
Presentato con grande spolvero a Cannes, dove ha pure vinto il premio speciale della giuria, "Polisse", malgrado qualche pesante critica che lo vede come film di regime del governo poliziesco di Sarkozy, e' comunque una gran macchina di cinema tutta giocata da attori fantastici, Karin Viard, Marina Fois, Frederic Pierrot, il rapper nero Joeystarr, il nostro Riccardo Scamarcio, e da una piu' che invidiabile carica energetica di messa in scena.
Maiween ottiene tutto questo girando dieci volte piu' del dovuto e sottoponendo i suoi attori a un vero corpo a corpo quasi teatrale fra di loro. Ne viene fuori un effetto violento e realistico particolarmente adatto a questo complesso ritratto della brigata della polizia parigina per la protezione dei minori, che non arrivera' ai livelli di modelli celebri, come "Police" di Maurice Pialat, ma non lascia in nessun modo indifferenti i suoi spettatori.
A Maiween non interessa tanto documentare il lavoro dei poliziotti, quanto mettere in scena i loro conflitti personali e interpersonali dovuti proprio allo stress di questo lavoro. Anche "Acab" di Stefano Sollima, nel suo ritratto di un gruppo di celerini romani, cerca di scavare in profondita' sul rapporto fra la violenza del loro lavoro e quanta di questa violenza intacchi poi la vita privata di ciascuno di loro e rimbalzi poi nel rapporto di gruppo.
Come se il gruppo, la brigata, fosse la vera famiglia da far crescere dopo lo scoppio di quella della vita reale. Costruito con una bella tensione fino alla fine, "Polisse", non gioca, come "Acab", la carta del cinema di genere e non si pone la domanda di quanto siano fascisti i suoi poliziotti, ma li pone uno contro l'altro seguendo attentamente delle dinamiche di gruppo che porteranno allo scoppio di sentimenti e di tragedie.
Come "Acab", anche "Polisse" ci puo' non piacere, soprattutto perche' non offre delle risposte politiche ne' alla violenza cittadina ne' alla violenza della polizia, ma entrambi sono film sofferti e pensati, che dividono anche giustamente il pubblico, e dove si vede una passione vera per quello che si mette in scena. Non tutti i polizieschi sono cosi'.
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