peter bogdanovich con jennifer aniston sul set di tutto puo succedere a broadway

TUTTO PUÒ SUCCEDERE A BOGDANOVICH: ''LA SCENEGGIATURA DI QUESTO FILM L'HO SCRITTA CON LA MIA EX MOGLIE'', CHE POI È LA SORELLA DELLA SUA EX, UCCISA DALL'EX MARITO - ''SCRISSERO CHE ANCHE IO ERO RESPONSABILE. MA QUELLI FURONO I TRE ANNI PEGGIORI DELLA MIA VITA'' - HA LAVORATO CON WELLES E HITCHCOCK: ''MA 'PSYCHO' NON MI PIACQUE, COME ALTRI SUOI FILM''

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Mario Serenellini per “la Repubblica

 

peter bogdanovich louise strattenpeter bogdanovich louise stratten

Pare un Ritorno al Futuro. I capelli, lisci e neri, sono gli stessi di allora — ma tinti. Lo sguardo sempre ghiacciato, ferito dalla vita e dalle lotte con il pianeta Hollywood — ora dietro panoramici occhiali da vista. Ma i film, i suoi capolavori degli esordi, chi li ricorda? Preistoria, per i ventenni di oggi. Marziano il nome del loro autore, Peter Bogdanovich, conscio della sua condizione d’alieno: «Mi deprime che la memoria cinematografica dei giovani non vada oltre il primo Guerre stellari, anno 1977».

 

peter bogdanovich e louise strattenpeter bogdanovich e louise stratten

Chi invece fu ragazzo attorno al 1971 venne folgorato da L’ultimo spettacolo, cinema come iniziazione alla vita, con un Jeff Bridges ancora sconosciuto. Oppure, due anni dopo, dal film padre-figlia, ovvero Paper Moon, Ryan e Tatum O’Neal, deliziosa bambina di dieci anni, l’Oscar più giovane della storia. Emerso di colpo dagli abissi del cinema, che aveva abbandonato quattordici anni fa, Peter Bogdanovich è adesso davanti a noi, ha settantasei anni e scherza.

 

peter bogdanovich dorothy strattenpeter bogdanovich dorothy stratten

Nella suite d’un grand hotel parigino armeggia con un pullover impegnativo: «Me l’ha regalato Jennifer Aniston. C’era ancora l’etichetta col prezzo: tremilacinquecento dollari. Si rende conto? Quando lo indosso, mi sembra d’essere avvolto in tremilacinquecento bigliettoni!». Abbassandosi il cachet per il puro piacere di essere diretta da lui, la Aniston ha interpretato, con Owen Wilson e una truppa di guest-star tra cui Quentin Tarantino, il ritorno al cinema di Bogdanovich, Tutto può accadere a Broadway, ora nelle sale italiane, dopo la prima nel 2014 alla Mostra di Venezia.

 

E dunque lunga latitanza, mister Bogdanovich: perché? «Gli ultimi scontri con gli Studios, per Mask e Texasville, e varie traversie personali. Ero tornato al mio primo mestiere — quello di attore — ma per la tv: psicoanalista nella serie dei Soprano. Negli Usa la creatività, più che al cinema, ora è garantita in televisione. Dal piccolo schermo sgorgano i personaggi più carismatici, una volta appannaggio esclusivo del cinema».

 

john ritter dorothy stratten peter bogdanovichjohn ritter dorothy stratten peter bogdanovich

È la resa finale del Re regista, nell’effimero feudo della New Hollywood anni Sessanta-Settanta, di cui lei è illustre esponente, con Francis Ford Coppola, William Friedkin, Steven Spielberg: «È stato proprio Spielberg a dargli, senza volere, la mazzata finale. L’avvio di una strategia d’investimenti su giovani pieni d’idee era stato, nel ’66, The Wild Angels di Roger Corman: costo trecentocinquantamila dollari, sette milioni d’incasso. Ma dieci anni dopo, con Lo squalo, tutto rientrò nell’ordine. Gli Studios non hanno avuto per obiettivo che riprodurre all’infinito quell’esplosione al botteghino, una corsa ai blockbuster che li sta ancora divorando».

 

peter bogdanovich con owen wilson e jennifer aniston sul set di tutto puo succedere a broadwaypeter bogdanovich con owen wilson e jennifer aniston sul set di tutto puo succedere a broadway

Quello di Bogdanovich, invece, è un cinema a vocazione indipendente e d’autore. In patente contraddizione con la sua vita, che pare spesso il remake d’un film di serie B o di una seriaccia tv. Episodio centrale, nell’80, l’ex-reginetta di Playboy, Dorothy Stratten, sua compagna ventenne e attrice sul set di E tutti risero, raggiunta a Los Angeles dall’ex-marito, pazzo di gelosia, che la stupra, l’uccide e si uccide.

 

«In un attimo, tutto perduto. Ci son voluti anni per riprendermi », annuisce il regista: «È stato John Cassavetes a togliermi tre anni dopo dall’isolamento depressivo in cui mi ero chiuso. Mi aveva chiesto di dargli una mano in una sequenza di Love Streams, che stava girando. Una scusa per farmi uscire di casa. Ancora oggi mi commuovo ripensando a quel gesto smisurato d’amicizia».

peter bogdanovich con jennifer aniston sul set di tutto puo succedere a broadwaypeter bogdanovich con jennifer aniston sul set di tutto puo succedere a broadway

 

Quella cronaca di sangue sarebbe diventata nell’83 un film, Star 80, di Bob Fosse con Mariel Hemingway: «E anche un mio libro, The Killing of the Unicorn, scritto in risposta all’articolo sul Village Voice di Teresa Carpenter, Death of a Playmate, che le era valso il Pulitzer e aveva fatto da canovaccio al film di Fosse. Sosteneva che Dorothy era la vittima non solo dell’ex-marito ma anche mia e del produttore, Hugh M. Hefner».

 

peter  bogdanovich orson wellespeter bogdanovich orson welles

Bogdanovich gira lo sguardo verso la finestra, il volto contratto, malinconico. «E tutti risero rimane il film cui sono più attaccato», si riprende: «Anche se la Fox s’era subito tirata fuori e avevo dovuto distribuirlo con i miei mezzi, rovinandomi». Del resto tutto può accadere a Broadway. La protagonista del suo film, una ex-escort, è un omaggio a Dorothy? «Credo che i miei film successivi siano tutti un omaggio a lei, è sempre viva in me. Nessuno mi ha tanto ispirato quanto lei».

 

L’altro episodio, qualche anno dopo, suscitò ancora più gossip. Bogdanovich sposa la sorella minore di Dorothy, Louise Stratten, diciannove anni, conosciuta che ne aveva quattordici: c’è chi vi ha rivisto La donna che visse due volte, la stessa ossessione di ridare al presente l’identità d’un passato perduto. «È con Louise », taglia corto il regista, «che ho scritto quindici anni fa la sceneggiatura di Tutto può accadere a Broadway, poco prima del nostro divorzio. Attraversavamo un periodo difficile. Senza un soldo, senza casa, vivacchiando qua e là, attorno a New York. Ma, miracolo, scrivere insieme questa commedia ci ha salvati, ci siamo lasciati con mente tersa».

 

bogdonovichbogdonovich

Poi torna all’attacco, ovvero cambia discorso: «Non sono mai stato un cieco devoto di Hitchcock. Se siamo diventati amici, divertendoci insieme, grazie al suo humor, è perché gli ho sempre detto quel che pensavo». Per esempio? «Che Psyco non mi piaceva. L’avevo visto alla prima proiezione pubblica a New York, alle dieci del mattino. Alla famosa sequenza della doccia la gente rimase allibita. Io invece sono uscito, disgustato ».

 

Hitchcock non è che uno dei tanti maestri del cinema con cui Bogdanovich ha avuto il privilegio di familiarizzare, grazie al suo lavoro di regista e, prima, di critico, autore tra l’altro di fondamentali interviste a autori di culto come Ford, Hawks, Lang. «Jerry Lewis una volta mi ha spiegato che, secondo lui, se mi sono gettato nel turbine delle interviste ai grandi del cinema è perché ero alla ricerca di un padre». Intuizione giusta?

 

bogdanovichbogdanovich

«Due volte giusta. Sia per la mia infanzia spaesata — sono stato concepito in Europa, sono nato a New York, da genitori in fuga dall’Europa nazista, mio padre serbo, pittore e pianista, mia madre ebrea austriaca — sia per la mia cinefilìa (da ragazzo inghiottivo una media di quattrocento film all’anno), diventata poi ricerca di modelli».

 

O di padri, appunto: esattamente come Truffaut. «Il mio incontro con lui lo definirei storico », ride. «È il primo che mi abbia preparato una salade niçoise. Esperienza che non si dimentica. Mi aveva ricevuto nel suo appartamento, con vista superba sulla Tour Eiffel in cui collezionava — pensi un po’? — Tour Eiffel in miniatura! Almeno quattrocento, di ogni altezza».

 

bogdanovich aniston wilsonbogdanovich aniston wilson

Ma il vero “padre” è stato un altro. Orson Welles? «Beh, lui è sempre stato il mio mito. Nel ’61, a ventidue anni, avevo organizzato al MoMA la sua prima personale, inviandogli la monografia. Mi telefonò, entusiasta, ma ben sette anni dopo, e ha voluto incontrarmi chiedendomi di scrivere un libro su di lui. La nostra bella amicizia è nata così».

 

Di Welles sono cent’anni dalla nascita, trenta dalla morte, il Torino Film Festival gli dedica un omaggio. Ma manca qualcosa che tutti attendevamo: «Certo, The Other Side of the Wind, uno dei suoi grandi film incompiuti, nato da un incontro nel 1937 con Ernest Hemingway, ennesima sfida a Hollywood d’un vecchio outsider, interpretato da John Huston. Nel cast ci sono anch’io, con Susan Strasberg, Lilli Palmer, Dennis Hopper.

 

PETER BOGDANOVICHPETER BOGDANOVICH

Oltre mille pizze di negativi (35 e 16 mm e super8), blindate in un magazzino a Parigi, contese dai troppi aventi diritto. Welles ci aveva lavorato per quindici anni fino alla morte. Nel ‘70 mi strappò la promessa di finirlo, “qualsiasi cosa accada”. Non dispero di riuscire. Ma eventualmente, la prego, non parli di “remake”. Non ne esistono di Welles. Dopo Citizen Kane tutto quel che segue non può essere che declino».