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Marco Giusti per Dagospia
Finalmente arriva un film apertamente politico. Lungo, arzigogolato racconto, costruito alternando piani fissi giocati su schermi e superfici che nascondono misteriosi universi rivelatori e movimenti di macchina molto elaborati, l’ucraino "Vidblysk" (Reflection), scritto e diretto da Valentin Vasyanovych, già vincitore tre anni fa della sezione Orizzonti con “Atlantyda”, è tutto dedicato alla vicinissima guerra fra Ucraina e Russia del 2014.
Un conflitto che si è sviluppato in un mondo che potrebbe essere il nostro e che ci colpisce nella sua violenza, qui ben rappresentata con sequenze piuttosto pesanti, perché sembra esplodere in una quotidianità totalmente occidentale.
Un chirurgo, Roman Lutskyl, separato dalla moglie e molto attaccato alla figlia, entrato nell’esercito ucraino, si ritrova prigioniero delle truppe sovietiche e vede morire, dopo una serie di torture, proprio il nuovo uomo della moglie che ha compiuto un’azione di guerriglia contro i russi.
Tornato in città grazie a una scambio di prigionieri, il chirurgo cerca di recuperare il corpo del defunto e di riportare un po’ di pace nel rapporto con la figlia adolescente e con la famiglia. Il tutto è però raccontato con una serie di quadri quasi da videoarte dove il regista mette in scena, magari con troppa insistenza di composizione visiva autoriale, universi complessi che portano a continue metafore che hanno spesso più valore dei dialoghi tra i personaggi.
Per fare un esempio, un uccello, ad esempio, si infrange sul vetro della finestra del chirurgo dove lascia la sua orma, che dovrà essere faticosamente cancellata. All'inizio, i giochi militari dei ragazzi ucraini vengono visti dietro un altro vetro, mentre assistiamo a un dialogo dei protagonisti su come affrontare il conflitto con la Russia.
Vasyanovych spazia con perizia fotografica di alto livello su uno schermo ricchissimo facendo muovere il suo chirurgo, quasi come un personaggio di Tati, all’interno di situazioni tra il quotidiano e tarkoskiano che trattano un tema forte, la guerra, ma mettono a tratti in difficoltà lo spettatore che cerca di capire i risvolti della storia.
Assolutamente originale, questo non si può non ammetterlo, dilata parecchio i tempi e le situazioni, ma in gran parte funziona e può affascinare lo spettatore più attento. Non cerca di spiegare il conflitto in sé, quanto quello che provoca al suo protagonista. Molte sequenze sono estremamente riuscite, ma si può trovare anche un filo estenuante. In un festival dove tutti i film, finora, sono stati applauditi, è infatti l’unico che ha ricevuto qualche fischio. Non per tutti i gusti, insomma, ma di grande ricchezza formale.
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