DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
?@Fiorello si sta ricaricando per noi, da novembre su @RaiPlay. pic.twitter.com/J7NbZT8ILz
— Ufficio Stampa Rai (@Raiofficialnews) 9 luglio 2019
Finalmente alla Rai hanno capito che l’idea di Campo Dall’Orto di creare una piattaforma digitale, piena di contenuti, con la possibilità di seguire in diretta i programmi e trampolino di lancio per la multimedialità non era una cazzata. Ci è voluto del tempo, diversi nuovi direttori, e alla fine Salini, uno che è schiacciato dalla politica ma che di piccolo schermo se ne intende, ha dato a Raiplay quel che è di Raiplay.
Per il momento, dopo l’annuncio dei palinsesti, si tratta “solo” – virgolette obbligatorie – di far passare il messaggio che la piattaforma Rai (gratuita, serve solo la registrazione) sarà ovunque, in qualunque forma (diretta, differita, contenitore esclusivo) e in qualunque momento (tutta la stagione, sempre).
A settembre, poi, si andrà più nel dettaglio, con una presentazione ad hoc. Ma intanto, per ora, è abbastanza chiaro che il futuro, per Salini e per i suoi, per questa Rai scombussolata dalla soap gialloverde, abbia la faccia digitale di Raiplay. È la nuova, grande frontiera del West. E la selezione di contenuti, di volti e di novità per la piattaforma è una selezione interessante: “potenziata”, azzardiamo.
Si tratta, banalmente, di mettere a regime le risorse. Fare uno show live con Fiorello significa prendere una cosa, lo streaming così come lo conosciamo, e ripensarlo: non è Netflix, ma è ESPN, come si fa con lo sport. Significa creare un’audience non solo nel lungo periodo, ma pure nell’immediato. Significa pensare in verticale e, allo stesso tempo, in orizzontale. E magari significa anche riuscire a definire, a numerare, le persone che seguono Raiplay (Fiorello scherza e dice che Salini è l’unico spettatore; in realtà, su Raiplay, c’è tanta di quella roba che chiunque, almeno una volta, ci sarà andato).
Alla Rai, insomma, stanno pensando di fare di Raiplay il loro avamposto contro l’invasione straniera (no, niente sovranismi; si tratta di tristissima competizione): box-set, possibilità di guardare serie in binge watching (magari, ecco, ne andrebbero prodotte di più e di diverse) e di accedere all’informazione live (cosa che, altrove, non c'è); e ancora: contenuti extra, pensati, prodotti e scritti solo per la piattaforma. E poi c’è tutta la questione tecnologia, che non è cosa da poco: permettere agli spettatori di accedere a Raiplay su qualunque device – desktop, mobile, smart tv – è segno che Viale Mazzini vuole avvicinare un pubblico nuovo, diverso, un po’ più – ci permettiamo – giovane.
fabrizio salini mara venier alberto matano al premio biagio agnes
Siamo nell’anno 0 di Raiplay. Ora si fa una bella copertina, si costruisce a dovere, si rende appetibile, e le si dà qualche piccola (ma importantissima) anticipazione. Fiorello, per esempio. Si sparge la voce: un sussurro, un rumor, un chiacchiericcio di fondo. Si lascia che qualche grosso giornale titoli l’impossibile (“Raiplay sfida Netflix”), e il gioco è fatto. Poi, però, non bisogna deludere le aspettative e bisogna essere all’altezza delle promesse fatte. E quella sì che è una sfida difficile.
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