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Marco Molendini per “il Messaggero”
La fabbrica della memoria non conosce riposo. Anniversari, ricordi, riesumazioni, occasioni per rivendere ancora una volta favolose storie di successo, tanto più se si tratta dei mitici anni Sessanta e dei Beatles, che di quella stagione sono il manifesto. Si sono sciolti da 48 anni: da allora, nel loro nome, l' industria della musica ha macinato un miliardo e trecento milioni di euro e continua a macinare nostalgia sull' onda sempre più frenetica delle celebrazioni, della voglia di sapere, di scoprire, di rivisitare.
È successo qualche settimana fa con Imagine, l' inno di John Lennon (tributo senza anniversario con tanto di demo inedita), succede con un libro (intitolato semplicemente The Beatles) del giornalista di Rolling Stone Steve Turner che, maniacalmente, ha messo insieme tutte i retroscena che riguardano le 207 canzoni pubblicate dai Fab Four, è accaduto con il leggendario White album, forse non il più bello (la lotta, però, è dura), ma sicuramente uno dei capitoli più densi e esaltanti di quella fulminea vicenda (dieci anni che sconvolsero il mondo della musica).
i beatles in volo per vancouver
IL DISCO
Un disco ricco musicalmente, che testimonia sonoramente come le personalità di quei ragazzi (John e Ringo, i vecchi ventottenni, Paul ventiseienne, George venticinquenne: ed avevano già fatto nella vita tutto quello che si può desiderare e anche di più) si stavano staccando dall' idea di essere i Beatles tutti per uno (il film era uscito appena quattro anni prima), avvolti in quella nube esaltante di una stagione molto particolare: non solo l' ondata psichedelica, le vibrazioni rivoluzionarie dei movimenti giovanili, ma anche drammatici eventi politici, dall' assassinio di Martin Luther King e di Bob Kennedy (quest' ultimo avvenuto proprio appena cominciarono le registrazioni in studio), alle rivolte urbane in America, all' invasione della Cecoslovacchia.
george harrison nel backstage a philadelphia
Le tensioni del momento nel White album si trasformano in una scossa elettrica, mentre alcune canzoni contengono dei riferimenti diretti come Blackbird scritta, parola di Paul, in solidarietà verso la lotta per i diritti civili, o come While My Guitar Gently Weeps pensando a quel mondo pieno di conflitti, o Revolution.
john lennon e george harrison a philadelphia
Ma riproporre un album celebrato, stravenduto, straricordato e strasuonato non avrebbe senso, sia pure accompagnato da un rinnovato mix stereo e surround 5.1, così l' uscita del cinquantenario (la prima pubblicazione avvenne il 22 novembre 1968) è stata corredata da una miniera di versioni alternative e, soprattutto, da 27 demo chiamate Esher (dal nome della casa di George Harrison nel Surrey dove vennero registrati quei provini), una fantastica cavalcata acustica dove quei capolavori, in gran parte scritti in India, durante il soggiorno dal guru Maharishi, suonano al naturale in un' atmosfera quasi goliardica fra coretti (Lennon prima di cantare Julia fa il verso a Paul), improvvisazioni, invenzioni sonore, imprecisioni, testi da definire a dispetto di quanto si racconta a proposito dei litigi, delle divisioni, degli infiniti rifacimenti che martoriarono le session in studio (Non Guilty chiese più di 100 take e poi fu scartata).
FRESCHEZZA
Ringo, a un certo punto, piantò baracca e burattini, Paul e John, scortato da Yoko, neppure si parlavano (alcune cose le registrarono in studi separati). Perfino George Martin, esasperato dalle bizze di quei ragazzi, se ne andò.
Eppure, forse anche per l' assenza del loro guru musicale (e con Brian Epstein morto un anno prima), si liberò tutta la loro creatività (non è un caso che, proprio con il White Album debutta la loro etichetta, la Apple records).
Ma tornando alle Esher demo, sono il boccone più saporito della raccolta, perché svelano un giacimento di freschezza inedita, mentre rivivono di nuova luce hit come Back in USSR, While My Guitar Gently Weeps, Blackbird, Ob-la-di ob-la-da, Julia o si ascolta Child of Nature, prima versione di quella che sarebbe diventata più avanti Jealous Guy. Suonano e raccontano chiaramente della voglia di affrancarsi da se stessi, da tutto quel successo, dall' essere John, Paul, George e Ringo.
george martin e beatles agli abbey road
Fanno capire che ci si avvia alla fine, anche se in un momento vorticoso e meraviglioso di produzione: sedici mesi da Sgt Pepper, un anno dal Magical Mistery Tour, tre mesi prima di Yellow Submarine.
BEATLESbeatles a coloribeatles e martin agli abbey roadbeatles nello studio di abbey roadBEATLES 5
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