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VIDEO - L’ARTE DELLA CACCIA CON L’AQUILA
Il fotografo Massimo Rumi, italiano ma naturalizzato australiano, si è recato nella regione di Altaj, nella Mongolia dell’ovest, per catturare la vita dei cacciatori con l’aquila e testimoniare di prima mano la vita nomade del popolo kazako. Nelle sue foto nessuno aspetto viene tralasciato: assistiamo alle diverse fasi della caccia, sbirciamo tra le originali abitudini dei cacciatori, ammiriamo le pellicce ricavate dalle volpi.
La caccia con le aquile resta una delle più antiche e meglio conservate tradizioni del popolo mongolo. Per chi ancora la pratica si tratta di una vera e propria arte, espressione del patrimonio culturale locale. Purtroppo oggi l’antica tradizione sta via via scomparendo e sono rimasti in pochi a praticarla: 70 cacciatori in tutto il mondo che si riuniscono durante il festival annuale Golden Eagle, dove si celebra ogni aspetto di quest’arte e che comprende corse di cavalli e tiro con l’arco.
Questa affascinante tradizione, nata circa 4.000 anni fa, prevede la caccia con la Grande Aquila (rigorosamente femmina) che vola in cielo a una velocità di oltre 300 km/h, sovrastando le montagne dell’Altai, fino a individuare la preda. Da centinaia di metri di altezza, l’uccello scende in picchiata e immobilizza la vittima di turno, spesso volpi, lupi e marmotte, fino all’arrivo del cacciatore.
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Racconta il fotografo: “I cacciatori cantano e parlano costantemente con le proprie aquile per imprimere la loro voce nella memoria degli uccelli”. Continua: “Il loro stile di vita è difficile ed è rimasto immutato nei secoli. I cacciatori vivono come nomadi, dormono nelle tende e tre volte l’anno partono a cavallo per emigrare in altre zone della regione montuosa di Altai”.
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