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Marco Giusti per Dagospia
Se ne va anche Aldo Lado, 89 anni, celebrato regista di thriller e gialli all’italiana, come “La corte notte delle bambole di vetro”, “Chi l’ha vista morire?”, ma anche di commedie erotiche post-Malizia, come “La cugina” con Dayle Haddon, Massimo Ranieri, Stefania Casini e Christian De Sica, dello stravagante “Sepolta viva” o dell’efferato e violentissimo “L’ultimo treno della notte” o “Night Train Murders” con Flavio Bucci, Macha Meril, Enrico Maria Salerno, Gianfranco De Grassi, Irene Miracle, che è forse il suo titolo più noto all’estero, dove una coppia di teppisti e una ragazza svitata seminano il panico su un treno dalla Germania per l’Italia.
Ma Lado ha legato il suo nome anche al buffo fantascientifico “L’umanoide”, firmato “George B. Lewis” con Richard Kiel, il gigante coi dentoni da squalo di 007, Corinne Clery, Barbara Bach, Arthur Kennedy. Seppe risolvere qualsiasi film di qualsiasi genere con una sorta di eleganza cinematografica grazie all’attenzione per le immagini e al bel rapporto che aveva con direttori della fotografia del calibro di Gabor Pogany o Franco De Giacomo. Venendo dalla sceneggiatura, ha anche sempre controllato i suoi film fin dall’inizio.
Nato nel 1934 a Fiume, quando era italiana, ora è croata, cresce a Venezia e inizia a occuparsi di cinema nella seconda metà degli anni ’60. Fa un po’ di tutto. Nella seconda metà degli anni ’60 inizia a muovertsi nel cinema. Scrive lo strano western di Alfonso Brescia “Carogne si nasce” con Gordon Mitchell. E’ aiuto regista dell’attivissimo Maurizio Lucidi, un ex-montatore, per una serie di spaghetti western come “Pecos è qui, prega o muori”, “La più grande rapina del west”, i war movies “Probabilità zero” e “La battaglia del Sinai”, ma soprattutto per il sofisticato thriller veneziano “La vittima designata”, dove il suo apporto deve essere stato particolarmente importante, visto che è anche cosceneggiatore assieme a Augusto Caminito.
E’ assistente su molti altri film, “Una colt in pugno al diavolo” di Bergonzelli, ma il regista con cui stabilisce davvero un bel rapporto è Bernardo Bertolucci, che incontra come assistente su “Il conformista”, prodotto da Giovanni Bertolucci, cugino di Bernardo. Diventa amico anche di Salvatore Samperi e scrive per lui due film molto originali, delle commedie venete, come “Un’anguilla da 300 milioni” con Lino Toffolo e Senta Berger e “Beati i ricchi” con Lino Toffolo e Paolo Villaggio. Contemporaneamente, siamo nel 1971, fa il suo esordio da regista con “La corte notte delle bambole di vetro” con Jean Sorel, Barbara Bach, Ingrid Thulin, Mario Adorf, che lo pone tra i nomi interessanti tra i nuovi registi di thriller all’italiana.
“Nel 1968 ero stato a Praga come aiuto per i sopralluoghi di un film tedesco”, raccontava Lado, “ed ero rimasto colpito dagli avvenimenti politici del momento. Il film è la metafora di una società messa in catalessi e in cui il potere (come d’altronde in tutte le società capitalistiche) si mantiene con il sangue dei giovani al ritmo di slogan del tipo “Niente deve cambiare”, “Noi siamo la forza del passato”. Il film l’ho pensato e scritto in un periodo pre-argentiano e non credo abbia niente a che vedere con i thriller di Argento, in cui c’era una ricerca del puro effetto. In sé il film era fuori mercato”. La statuina del demone della farfalla è opera di Sebastian Matta, amico del regista.
In un primo tempo il film avrebbe dovuto chiamarsi Malastrana, che è il nome di uno dei quartieri più antichi e misteriosi di Praga. Il film è presto seguito da “Chi l’ha vista morire?” con George Lazenby, lo 007 che non funzionò, Anita Strindberg, Adolfo Celi, scritto assieme a Francesco Barilli, altro giovane autore cresciuto assieme a Bertolucci. E’ qualcosa di diverso “La cosa buffa”, dal romanzo di Giuseppe Berto, scritto assieme a Alessandro Parenzo, giovane veneziano che si legherà a Samperi, prodotto da Giovanni Bertolucci, un film giovanil sentimentale con Gianni Morandi e Ottavia Piccolo, abbastanza audace per il tempo.
Segue “Sepolta viva” con Agostina Belli, Fred Robsham, Maurizio Bonuglia, tratto da un romanzo d’appendice di Marie Eugéne Saffray, prodotto da Marina Cicogna, dove avrebbe dovuto esordire Marina Lante della Rovere, e invece il suo posto venne preso da Dominique Darel. Mi sembrò più riuscito il successivo “La cugina”, tratto da un romanzo di Ercole Patti, molto vicino agli umori di Malizia e al mondo doi Samperi con Dayle Haddon, Massimo Ranieri, Christian De Sica, Stefania Casini e Laura Betti. Aldo Lado ricordava che Papi e Colombo, i produttori, non volevano Dayle Haddon.
“Avrebbero voluto un’altra attrice, una che aveva fatto un film con Mastroianni. Allora le feci un provino e li costrinsi a prenderla. Era perfetta. Invece Christian me lo presentò il padre, Vittorio De Sica, che avevo conosciuto a Parigi, mentre girava Un mondo nuovo. Allora aveva i capelli lunghi, glieli feci tagliare e gli feci la riga da una parte, che poi portò per molti anni. Con Massimo Ranieri abbiamo lavorato molto assieme. La sceneggiatura di Franciosa e Montagnana non funzionava, anche perché riprendeva troppo da vicino il romanzo di Ercole Patti. La riscrissi in gran parte e spostai la scopata finale tra i cugini alla fine. Ma non tolsi i nomi dei due sceneggiatori. Franciosa era un nome importante.”
Fece molto colpo, ma non alla sua uscita, che in Italia fu piuttosto lacunosa, “L’ultimo treno della notte”, che è ritento il suo capolavoro. “L’ultima volta” con Massimo Ranieri e Joe Dallesandro, Eleonora Giorgi, Marisa Mell, è un poliziesco giovanile, tratto da un soggetto di Stefano Calanchi e Luigi Collo, con Ranieri travolto nel crimine dall’amico Dallesandro. Nelle interviste dell’epoca, Lado spera, dopo questo film di girare qualcosa di più profondo, come “L’obelisco nero”, tratto dal romanzo di Erich Maria Remarque, del quale ha appena comprato i diritti. Alla fin degli anni ’70 è molto attivo in tv , “Il prigioniero”, ma soprattutto la miniserie “Delitto in via Teulada”, che fece scalpore perché girata tutta negli studi della Rai.
Ebbe invece una lavorazione sofferta “L’umanoide” con Richard Kiel, Corinne Clery, Barbara Bach, dove divise la regia con i più esperti Antonio Margheriti e Enzo G. Castellari. Negli anni ’80 scrive per Enzo G. Castellari “Il giorno del cobra” e dirige l’erotico letterario “La disubbidienza”, tratto da Moravia, sceneggiato da Barbara Alberti e Amedeo Pagani, prodotto da Valerio De Paolis, con Stefania Sandrelli, Teresa Ann Savoy, Jacques Perrin, Marc Porel. Ricordo piuttosto riuscito l’erotico-esotico “Scirocco” con la bellissima Fiona Gelin e Enzo De Caro.
Troviamo anche una versione della celebre storia cannibale del giapponese Yuro Kara, “Rito d’amore” con Beatrice Ring e Larry Huckman, girata nel 1989. E’ attivo anche in tv, ricordiamo la serie “Le stelle nel parco” con Stefania Sandrelli e Ray Lovelock, Francesca Neri, Kim Rossi Stuart, ma la sua passione sono i thriller, “Alibi perfetto” con Michael Woods, Kay Rush, Annie Girardot, “Venerdì nero” con Silvia Cohen. Non ha mai smesso davvero col cinema, come non ha mai smesso di scrivere. Si era ritirato da anni sul Lago di Como, a Angera.
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