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Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
Il primo nome che tutti i giornalisti americani, e non solo, hanno digitato nel database dei Panama Papers è stato, naturalmente, «Trump». Nessun risultato. Sulla base delle conoscenze finora a disposizione non è lì che porta la domanda di Mitt Romney: «Perché Trump non presenta la sua dichiarazione dei redditi come hanno sempre fatto tutti i candidati presidenziali?».
Il frontrunner repubblicano del 2012 offre anche una risposta: «La logica suggerisce che la dichiarazione contenga una bomba». La richiesta di Romney è, per una volta, anche quella di Hillary Clinton: «Io e Bill abbiamo sempre reso tutto pubblico; bisogna chiedersi perché Trump non voglia farlo e noi lo scopriremo».
Per mesi il frontrunner dei conservatori ha sostenuto: «La mia dichiarazione è sottoposta a un controllo di routine da parte della Irs (Internal Revenue Service, l' Agenzia delle tasse americana, ndr ). Appena sarà finita la diffonderò, ma non ci sono sorprese». Nel febbraio scorso, la stessa Agenzia precisò che non esiste un vincolo di segretezza: ogni contribuente può rendere pubblica la sua dichiarazione in ogni momento.
L' altro giorno, in un' intervista all' Associated Press (Ap), il costruttore di Manhattan ha cambiato registro: «Non c' è nulla di interessante da apprendere nella mia dichiarazione». Poi è partito per Washington, dove ieri ha incontrato lo Speaker della Camera, Paul Ryan: primo, parziale riavvicinamento con il partito repubblicano.
Ma la questione non è chiusa: che cosa ci può essere, tra quelle cifre, di così dannoso per la campagna di Trump? «Fidatevi, sono molto, molto ricco». E ricchezza, nel suo dizionario politico significa autosufficienza, indipendenza dalle lobby. Trump sostiene di avere 10 miliardi di patrimonio. Ma, ormai da anni non compare nella classifica delle prime 200 persone più ricche del mondo, compilata da Bloomberg.
All' ultimo posto, con 6,5 miliardi di dollari c' è lo svizzero Hansjörg Wjss (primo è Bill Gates, Silvio Berlusconi è sul gradino 168). Secondo Bloomberg News la sua ricchezza sarebbe, invece, pari a 2,9 miliardi di dollari; per la rivista Forbes a 4,1 miliardi.
Se i suoi moduli di imposta fossero pubblici si potrebbe avere una stima più precisa.
La fortuna di Trump è maturata negli anni Ottanta e Novanta, partendo dall' eredità del padre. Prendeva soldi a prestito, anche se il tasso di interesse era molto alto, e grazie alla continua rincorsa dei prezzi degli edifici, vendeva con cospicue plusvalenze. Da businessman si è sempre vantato di aver pagato «meno tasse possibile».
Ancora una volta: dai formulari del fisco sapremmo quanti e quali espedienti abbia usato per ridurre il carico fiscale. E così via. L' Ap stila un elenco di altre curiosità a questo punto politicamente rilevanti: quanti soldi dati in beneficenza e a quali organizzazioni; qual è il suo reale tenore di vita; come si estende la sua rete di affari, chi sono i suoi partner.
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