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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
1.SCARICATA DA PALAZZO CHIGI
Non era Rossella Orlandi la candidata di Pier Carlo Padoan alla guida dell’Agenzia delle Entrate. Il ministro dell’Economia avrebbe preferito di gran lunga Marco Di Capua, in continuità con la gestione accorta di Attilio Befera (Di Capua poi è finito in Finmeccanica con Mauro Moretti). Eppure adesso che la Orlandi è sotto attacco è proprio Padoan a doverla difendere, il che fa un po’ ridere tutto il ministero.
La Orlandi è stata messa nel mirino dal sottosegretario con delega ai temi fiscali Enrico Zanetti, leader di Sciolta Civica ed ex montezemoliano di ferro. Zanetti ne ha chiesto le dimissioni dopo che lei si è lamentata per il fatto che il governo non le ha risolto il pasticcio dei dirigenti degradati dalla sentenza Corte Costituzionale. Ma soprattutto, Zanetti ha altri progetti per l’Agenzia delle Entrate: la vuole ridimensionare e riportare dentro il ministero delle Finanze. E probabilmente, in questo suo piano, pesa anche il fatto che il sottosegretario sia un commercialista da sempre ostile all’Agenzia e al suo strapotere.
Quello che colpisce è il silenzio di Renzi e dei suoi. La Orlandi è stata scelta dal premier in persona e nel giro di un anno, secondo quanto risulta a Dagospia, è già stata scaricata. A irritare Palazzo Chigi sarebbe stato il tentativo della Orlandi di organizzare un concorso riparatorio per i dirigenti troppo “facilitato” per gli interni.
E poi la Orlandi non ha nascosto di non aver condiviso l’innalzamento del limite del contante a 3 mila euro. Adesso la sua poltrona vacilla parecchio. Padoan la sta difendendo in modo freddo e formale, ma se non ricuce al più presto con Renzi rischia di non arrivare a Natale.
2. AGENZIA DELLE ENTRATE NEL CAOS, I DIRIGENTI DECLASSATI FANNO CAUSA
L.Sal. per il “Corriere della Sera”
C' è un altro fronte che si apre per l' Agenzia delle Entrate. E questa volta si tratta di un fronte interno, di «fuoco amico». Riguarda ancora la vicenda degli oltre 800 dirigenti «degradati» al rango di semplici funzionari, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha giudicato illegittime le loro promozioni, perché arrivate con procedure interne e non per concorso. Ma con una novità importante.
La metà di loro, circa 400, è venuta allo scoperto opponendosi a quella decisione. E lo ha fatto citando in giudizio davanti al tribunale civile di Roma la presidenza del Consiglio dei ministri e lo stesso direttore dell' Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi. Chiedono due cose i ricorrenti. Il riconoscimento dello status di dirigente a tempo indeterminato. Oppure il risarcimento dei danni subiti dopo la loro «retrocessione».
franco bassanini pier carlo padoan
Danni da calcolare sia in termini di stipendio, visto che in media sono passati da una busta paga di 4 mila euro netti al mese a una di circa 1.700. Sia in termini di perdita di opportunità di carriera. La somma non viene indicata, sarà eventualmente quantificata in sede di giudizio. Ma le stime parlano di una cifra, naturalmente in caso di vittoria del ricorso, intorno ai 60 milioni di euro, aggiungendo altre voci alle 20 mensilità che di solito vengono riconosciute in casi del genere.
il sottosegretario zanetti con gli occhiali del volo
I vertici dell' Agenzia vengono chiamati in causa perché lo stesso giorno della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale, il direttore Rossella Orlandi firmò le lettere di revoca per tutti i dirigenti coinvolti, formalizzando così la loro retrocessione. La presidenza del Consiglio, nella persona del premier Matteo Renzi, viene citata in giudizio per un altro motivo. E cioè per non aver dato attuazione in Italia alla normativa europea che vieta per i contratti temporanei una durata superiore ai tre anni.
Enrico Zanetti sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle Finanze
Il punto è proprio questo. Gli 800 dirigenti retrocessi avevano tutti un incarico a termine. Che però, in quasi tutti i casi, è stato rinnovato o prorogato, arrivando anche a periodi di oltre dieci anni consecutivi. Non è un caso che oltre la metà dei ricorrenti si sia rivolta allo studio legale Mascolo, lo stesso che ha seguito la vicenda dei precari della scuola. E che ha ottenuto dalla Corte di giustizia europea la sentenza «Mascolo», quella che ha riconosciuto il diritto all' assunzione per gli insegnanti precari con almeno tre anni di servizio. Una strada che poi ha portato alle assunzioni dei precari, con la riforma della scuola del governo Renzi.
Non è detto che vada allo stesso modo con l' Agenzia delle Entrate. Ma potrebbe. E la via giudiziaria è anche uno strumento di pressione «politica».
Nelle ultime settimane sono stati diversi gli emendamenti presentati in Parlamento per chiedere la stabilizzazione dei dirigenti retrocessi, o almeno la creazione di nuove posizioni per dirigenti a termine. Una linea finora sempre bocciata dal governo. Ma da oggi al Senato si lavora sul disegno di legge di Stabilità. E, c' è da scommetterci, ci saranno nuovi tentativi.
3. ORLANDI SOTTO ASSEDIO
Lorenzo Salvia per il “Corriere della Sera”
«Nel governo qualcuno vuole che io faccia un passo indietro, mi pare evidente. Ma sono tranquilla. E resto al mio posto». Chi ha parlato in queste ore con la direttrice dell' Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, ha trovato una persona decisa. Magari non tranquilla, perché con tutto ciò che sta succedendo sarebbe difficile. Ma comunque determinata a resistere a quello che somiglia a un assedio.
Giovedì scorso la Orlandi ha deciso che la miglior difesa è l' attacco. Dal palco di un convegno della Cgil ha detto che l' Agenzia delle Entrate «rischia di morire». Parlava di problemi tecnici, della mancanza di un comparto specifico per la contrattazione. Ma intendeva molto di più: la fuga dei dirigenti degradati al rango di funzionari da una sentenza della Consulta, la mancanza di un gruppo di vertice che sia in grado di tenere in piedi la struttura. E soprattutto la sensazione che stia venendo meno una cosa non proprio secondaria: l' appoggio politico del governo. Il giorno dopo Enrico Zanetti, sottosegretario del ministero dell' Economia, ha invocato di fatto le sue dimissioni, dicendo che «si sentirebbe più tranquillo» se al posto della Orlandi «ci fosse qualcun altro».
Parole che il governo ha lasciato andare così, senza correzioni e tanto meno smentite. E che Zanetti potrebbe tornare a formulare. Proprio per questo ieri la Orlandi ha chiesto precise rassicurazioni, sul suo ruolo e sulla sua autonomia, al ministro dell' Economia Pier Carlo Padoan.
Attilio Befera e Marco Staderini
Le ha ottenute dopo giorni di freddezza, diffidenza e sospetti reciproci. Dopo aver chiesto al governo di risolvere il problema dei dirigenti, con il vuoto che si è aperto per la sentenza della Consulta. E aver ottenuto come risposta solo l' invito a procedere con i concorsi. Il che vuol dire che il buco dei dirigenti sarà chiuso solo fra qualche mese e questo, secondo la Orlandi, metterebbe a rischio gli obiettivi dell' anno prossimo per il recupero dell' evasione. Padoan l' ha rassicurata, dunque. Ma il caso non è chiuso anche perché da Palazzo Chigi non sono arrivati segnali.
E ormai qualcosa sembra essersi rotto nel rapporto con il premier. Rossella Orlandi è stata nominata a giugno dell' anno scorso. Donna e toscana, sembrava quasi una scelta da «giglio magico». Anche se in realtà la Orlandi è cresciuta alla scuola di Vincenzo Visco, l' ex ministro del governo Prodi che ha voluto il sistema delle agenzie fiscali.
Nulla di strano, in realtà. Perché in quel momento Renzi e Visco hanno un rapporto diretto, con tanto di scambio di sms, che nel codice renziano vuol dire far parte del giro. Poi il rapporto perde quota. Tutto comincia con il decreto approvato alla vigilia di Natale con la famosa questione del 3%, letta come un favore a Berlusconi. Al di sotto di quella percentuale, l' evasione non veniva considerata reato.
Scoppia il caso. Anche la Orlandi manifesta la sua contrarietà in modo molto energico al governo, che alla fine fa marcia indietro. Ci saranno altri punti di attrito. Una dichiarazione precompilata più complessa del previsto, la questione del contante. Fino al grido di allarme sull' Agenzia che rischia di morire, lanciato dal palco della Cgil, con lo stesso Visco in platea. Renzi non deve aver gradito. E bisogna vedere se le rassicurazioni di Padoan basteranno.
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