cecilia sala alessia piperno

“A EVIN NON CI SONO LETTI, DORMI PER TERRA IN MEZZO ALLE BLATTE, AI CAPELLI E ALLE LACRIME” – ALESSIA PIPERNO, RINCHIUSA PER 45 GIORNI NEL CARCERE IRANIANO DOVE È RECLUSA LA GIORNALISTA CECILIA SALA, RACCONTA LE CONDIZIONI DELLA PRIGIONE: “A CECILIA IDEALMENTE DICO DI TENERE DURO: NEL CARCERE DI NON RISPARMIANO LE TORTURE PSICOLOGICHE. UNA VOLTA MI HANNO DETTO CHE ERA MORTA MIA MADRE, UN'ALTRA CHE DOVEVO…”

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(ANSA) - "A Cecilia Sala idealmente dico di tenere duro come ho fatto io per 45 giorni: nel carcere di Evin a noi stranieri fisicamente non torcono un capello, ma mentalmente ti provano molto".

 

Lo spiega Alessia Piperno in un'intervista alla Stampa, la donna è stata rinchiusa nella prigione iraniana di Evin per 45 giorni. "So cosa vuol dire il terrore di stare in una cella da soli. Abbraccio i suoi genitori - prosegue -, immagino il loro dolore che è come quello che hanno provato i miei".

 

Sul Corriere della Sera la donna racconta come passava le giornate in carcere. "Guardando il soffitto. Sono finita nel reparto 209, dove non hai accesso a nulla, nemmeno a un libro - dice - . È il braccio delle prigioniere politiche, dove si trova Narges Mohammadi. Ci sono altri luoghi, come il 2 A, che dicono essere un po' più tranquilli. A volte non davano l'acqua".

 

CECILIA SALA

"Contro di noi almeno non alzavano le mani, non ci toccavano, anche se non ci risparmiavano le torture psicologiche - prosegue -. Una volta mi hanno detto che era morta mia madre, un'altra che dovevo rimanere lì per dieci giorni. A differenza di Sala mi era stato concesso di sentire la famiglia solo due settimane dopo".

 

A Repubblica Piperno spiega le condizioni di vita dentro il penitenziario. " Non ci sono letti, dormi per terra in mezzo alle blatte, ai capelli e alle lacrime. C'è costantemente freddo perché non ti danno le coperte quando le chiedi - racconta -. Ricordo quelle pareti bianche e una minuscola grata in alto dalla quale non vedevi il cielo. Per noi c'erano solo dieci minuti di aria per due volte a settimana". Infine sul Messaggero racconta come lei venne imprigionata con due amici conosciuti all'ostello. " Luis Arnaud, un francese, è tornato a casa solamente lo scorso giugno dopo un anno e 9 mesi. Era stato condannato a 5 anni, io a 10. Anche lui come me è rimasto in contatto con i compagni di cella - spiega -. Uscire da un'esperienza del genere non è facile, ti segna per sempre".

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