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Stefano Montefiori per “il Corriere della Sera”
Fine del primo atto della «Traviata» all’Opéra Bastille, Violetta (Ermonela Jaho) appena cantato Sempre libera degg’io / Folleggiar di gioia in gioia davanti a una donna in niqab di colore tenue, seduta in prima fila, accanto al marito. Si chiude il sipario, e prima che l’opera di Verdi ricominci dietro le quinte i coristi protestano. Manderanno a monte la rappresentazione, se la donna non si toglie il velo islamico che le copre tutto il volto tranne gli occhi.
È la prima volta che succede in un teatro, da quando l’11 aprile 2011 la Francia ha approvato la legge che vieta il burqa (velo integrale con una sorta di griglia di tessuto sul volto) e il niqab (una fessura lasciata sugli occhi) nei luoghi pubblici. La donna è una turista del Golfo, per avere quei posti a pochi metri dal palco lei e il marito hanno prenotato molti mesi prima e pagato 231 euro a testa. Durante il primo atto il suo volto coperto è stato inevitabilmente inquadrato dalle telecamere interne, assieme ai gesti del direttore d’orchestra, e proiettato sui maxi-schermi.
Il vicedirettore dell’Opéra, Jean-Philippe Thiellay, dice che l’errore è stato compiuto subito, all’ingresso, quando la signora è stata lasciata entrare. La legge francese stabilisce che «nessuno può, nello spazio pubblico, portare una tenuta destinata a dissimulare il volto.
Sono in particolare proibiti passamontagna, veli integrali, maschere o qualsiasi altro accessorio destinato a nascondere il viso». Ma i facoltosi visitatori dal Medio Oriente sono una risorsa importante, e talvolta si lascia correre. Sugli Champs Elysées, per esempio, non è infrequente vedere coppie di ricchi turisti arabi che fanno shopping con la donna coperta di nero.
Nel luglio 2013 un controllo di identità per un niqab a Trappes, nella periferia di Parigi, aveva provocato incidenti e auto date alle fiamme. Qualche giorno fa l’ex ministra sarkozista Nadine Morano ha apostrofato un donna in burqa alla Gare du Nord, chiedendole di scoprirsi il volto e facendo intervenire i poliziotti, a suo giudizio troppo lassisti.
Le forze dell’ordine spesso preferiscono evitare tensioni, con il risultato che i veli integrali si vedono sempre più spesso per strada, in metro, sugli autobus.
All’Opéra, venerdì 3 ottobre, sono stati i coristi a pretendere il rispetto della legge.
«Un mio collaboratore si è avvicinato alla signora in prima fila e ha spiegato la situazione — racconta Thiellay —: o si toglieva il velo, o era costretta a uscire. Lei e l’accompagnatore hanno preferito alzarsi e andarsene, senza protestare». Il breve colloquio si è svolto in realtà con il marito: la donna non aveva il diritto di rivolgere la parola a uno sconosciuto.
Il ministero della Cultura ha inviato una nota all’Opéra Bastille e Garnier per ricordare la corretta applicazione della legge. Una donna in burqa o niqab non può entrare a teatro, ma se per qualche motivo supera i controlli spetta poi alla polizia farla uscire, e non al personale.
La Francia è stato il primo Paese a introdurre il divieto del burqa nell’aprile 2011, seguito pochi mesi dopo la Belgio, dal comune di Barcellona e nel settembre 2013 dal Canton Ticino, in Svizzera; si dibatte se introdurre la stessa misura in Gran Bretagna.
A luglio la Corte europea dei diritti umani ha respinto il ricorso di una 24enne musulmana e riconosciuto che la Francia persegue un «obiettivo legittimo». Chi contravviene alla proibizione rischia un’ammenda di 150 euro e uno «stage di cittadinanza» sui valori della République. Finora sono state fatte un migliaio di multe, a circa 600 donne.
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