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Monica Guerzoni per il Corriere della Sera
«Noi non siamo litigiosi», assicurava tre giorni fa Enrico Rossi. Eppure, a un mese dalla nascita, i leader di Articolo 1 sembrano non trovare pace. Ad accendere gli animi degli ex dem non è solo l' apertura di Bersani al dialogo con Grillo, che ha gelato sia Rossi che D' Alema e spiazzato gli «spin» del movimento. I nodi da sciogliere sono ancora tanti, sul piano politico e organizzativo. «Non faremo le belle statuine di Gentiloni», avverte Arturo Scotto, e insiste perché il partito abbia un rapporto «più corsaro» con l' esecutivo.
La prima faglia è questa, è la differenza tra chi arriva da Sel e chi dal Pd. Ma non basta. Risolto il rebus del simbolo, a far discutere i fuoriusciti sono il presunto strapotere dei bersaniani, il ruolo (suo malgrado) defilato di Rossi e certe scelte di D' Alema, ritenute da alcuni un po' troppo imperiose. Difficoltà comprensibili per un movimento nato da un mese appena, ma che, se non chiarite, possono rendere accidentato il percorso e il rapporto con i possibili alleati.
L' altra sera a Milano l' ex sindaco Giuliano Pisapia, solitamente assai cauto e garbato, si diceva «molto colpito» per le tesi di Bersani sui rapporti tra Articolo Uno e M5S: «Credo che quel ricordo (lo streaming del 2013, ndr ) ogni tanto durante la notte diventa un incubo, poi si sveglia, fa un' intervista e lo dice». Bersani ha disorientato anche molti dei suoi e chissà se è per questo che il 22 marzo, alla presentazione del simbolo al tempio di Adriano, Speranza ha pregato i padri nobili di non parlare dal palco.
Bersani si è limitato a dichiarazioni prima e dopo.
D' Alema invece ha preso la parola per ricordare Alfredo Reichlin, scomparso da poche ore. Arturo Scotto era in scena da presentatore dell' evento. E Rossi si è trovato del tutto escluso dalla ribalta e si è chiesto se il problema sia la sua «totale libertà di giudizio». Il presidente del movimento, che ben conosce le liturgie della tradizione ex pci, si è ritrovato in prima fila sull' altro lato della sala, in posizione isolata rispetto ai capigruppo Guerra e Laforgia e agli altri big.
Il suo dispiacere deve essere arrivato alle orecchie di Speranza, che lo ha poi chiamato per scusarsi. Ma forse il presidente della Toscana non è stato l' unico a vivere con fastidio quella giornata: perché nella foto opportunity D' Alema e Bersani non ci sono?
Nell' entourage di Rossi si coglie la preoccupazione che la «burocrazia bersaniana» abbia preso il sopravvento.
D' Alema ha chiesto che tutte le associazioni di provenienza venissero sciolte, ma l' ex direttore dell' Unità e portavoce di Rossi, Peppino Caldarola, avanza dubbi: «Noi abbiamo sciolto i Democraticisocialisti , D' Alema ha sciolto Consenso e così ha fatto Scotto. Non sono sicuro di poter dire la stessa cosa dei bersaniani». Ma ora si cambia musica. Alla comunicazione di Articolo 1 arriva una professionista come Daniela Reggiani, che «lascia» D' Alema dopo 11 anni da portavoce.
DALEMA - OCCHETTO - BERSANI - LA GIOIOSA MACCHINA DA GUERRA
Al suo posto come direttore responsabile di Italianieuropei andrà Caldarola.
Anche il modo in cui Speranza interpreta la leadership è oggetto di borbottii. C' è chi lamenta che tutto giri attorno all' ufficio alla Camera del segretario in pectore e chi si aspetta che riesca a smarcarsi ancora un poco da Bersani. In compenso ieri il segretario provinciale di Matera Pasquale Bellitti ha lasciato il Pd e ha aderito ad Articolo 1.
Speranza è convinto che «tanti altri arriveranno», ma intanto i cocci dei piccoli incidenti della partenza rischiano di approdare, assieme ai bagagli del passato, nella nuova sede del movimento: 250 metri, bi-livello e con terrazza, in largo Zanardelli. In quelle stanze i fedelissimi di Rossi sperano non sbarchi l' idea del «nuovo compromesso storico» con Grillo, il cui teorico hanno individuato in Miguel Gotor.
Il senatore Federico Fornaro condivide la linea di Bersani e non è preoccupato per le tensioni interne: «Per noi la dialettica è un elemento fondativo». Caldarola invece dà voce al malessere: «Ho stima per Gotor come studioso di Moro, ma da noi non ci devono essere guru. Se fosse più umile ammetterebbe che alcune cantonate le ha prese».
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