DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1. «IN IRAQ SCAMPAI A UN DUPLICE ATTENTATO UCCISERO I SICARI»
Estratto dell'anticipazione di “Spera”, l'autobiografia di papa Francesco (in uscita il 14 gennaio per Mondadori) pubblicata dal "Corriere della Sera"
Mi era stato sconsigliato quasi da tutti quel viaggio, che sarebbe stato il primo di un pontefice nella cerniera mediorientale devastata da violenze estremiste e profanazioni jihadiste: il Covid-19 non aveva ancora allentato del tutto la sua morsa, pure il nunzio in quel Paese, monsignor Mitja Leskovar, era appena risultato positivo al virus e, soprattutto, ogni fonte evidenziava altissimi profili di rischio per la sicurezza, tanto che attentati sanguinosi avevano funestato perfino la vigilia della partenza.
Ma io volevo andare fino in fondo. Sentivo che dovevo. Dicevo, familiarmente, che sentivo il bisogno di andare a trovare nostro nonno Abramo, l’ascendente comune di ebrei, cristiani e musulmani. Se la casa del nonno brucia, se nel suo Paese i suoi discendenti rischiano la vita o l’hanno perduta, la cosa più giusta da fare è raggiungere la casa il prima possibile.
E poi non si poteva lasciare un’altra volta delusa quella gente che, vent’anni prima, non aveva potuto abbracciare Giovanni Paolo II, al quale il viaggio con cui avrebbe così tanto desiderato inaugurare l’anno giubilare del 2000 era stato, dopo una prima apertura, impedito da Saddam Hussein. [...].
visita di papa francesco in iraq 5
Mosul è stata una ferita al cuore. Mi ha colpito come un pugno già dall’elicottero: una delle città più antiche del mondo, traboccante di storia e tradizioni, […] si presentava ai miei occhi come una distesa di macerie, dopo i tre anni di occupazione da parte dello Stato Islamico, che l’aveva scelta come propria roccaforte.
[…] Mi avvertirono non appena atterrammo a Baghdad, il giorno precedente. La polizia aveva avvisato la Gendarmeria vaticana di un’informativa giunta dai servizi segreti inglesi: una donna imbottita di esplosivo, una giovane kamikaze, si stava dirigendo a Mosul per farsi esplodere durante la visita papale. E anche un furgone era partito a tutta velocità con il medesimo intento. Il viaggio proseguì.
bergoglio con ali al sistani in iraq
[…] Quello con il Grande Ayatollah Ali al-Sistani era un incontro che la Santa Sede preparava da decenni, senza che nessuno dei miei predecessori avesse potuto portarlo a termine. Mi ha accolto fraternamente nella sua casa, l’Ayatollah Al-Sistani, un gesto che in Oriente è eloquente perfino più delle dichiarazioni, dei documenti, poiché significa amicizia, appartenenza alla stessa famiglia.
Mi ha fatto bene all’anima e mi ha fatto sentire onorato: mai aveva ricevuto capi di Stato, e mai si era alzato in piedi, eppure quel giorno, significativamente, con me lo ha fatto più volte, mentre con lo stesso sentimento di rispetto io mi sono presentato senza scarpe nella sua stanza. [...] Ho colto la sua inquietudine per la commistione tra religione e politica, una certa idiosincrasia, che avverto condivisa tra noi, per i «chierici di Stato» e, al tempo stesso, la comune esortazione alle grandi potenze a rinunciare al linguaggio delle guerre, dando priorità alla ragione e alla saggezza.
Bergoglio a destra studente a Buenos Aires
Rammento una sua frase in particolare, che poi ho portato con me come un dono prezioso: «Gli esseri umani sono o fratelli per religione o uguali per creazione». [...] Quando il giorno seguente domandai alla Gendarmeria che cosa si sapeva sui due attentatori, il comandante mi rispose laconicamente: «Non ci sono più». La polizia irachena li aveva intercettati, e fatti esplodere. Anche questo mi ha colpito molto. Anche questo era il frutto avvelenato della guerra.
2. QUELL’UMANITÀ CHE TROVAI TRA LE PROSTITUTE
Estratto dell'anticipazione di “Spera”, l'autobiografia di papa Francesco (in uscita il 14 gennaio per Mondadori) pubblicata da "la Repubblica"
visita di papa francesco in iraq 4
Il barrio era un microcosmo complesso, multietnico, multireligioso, multiculturale. In famiglia abbiamo sempre avuto ottimi rapporti con gli ebrei, che a Flores chiamavamo “i Russi”, perché in tanti venivano dalla zona di Odessa […].
[…] Così come, pure nella nostra compagnia di ragazzini, avevamo diversi amici musulmani, che per noi erano “i Turchi”, visto che perlopiù erano sbarcati col passaporto del vecchio Impero ottomano. Erano siriani e libanesi, e poi iracheni e palestinesi. Il primo periodico in lingua araba a Buenos Aires è addirittura dell’alba del Novecento.
visita di papa francesco in iraq 3
[…]. Proprio come il mercato di strada, il quartiere era un concentrato di umanità varia. Laboriosa, sofferente, devota, gaudente. C’erano quattro “zitellone”, le signorine Alonso, pie donne di origine spagnola ed emigrate sulla Plata, che erano abilissime ricamatrici, dalla tecnica sopraffina. Un punto e una preghiera, una preghiera e un punto.
[…] Quasi all’angolo della nostra via c’era poi una peluquería , con appartamento annesso; la parrucchiera si chiamava Margot, e aveva una sorella, che faceva la prostituta. Contemperava quell’attività con quella di shampoo, taglio e messa in piega. Era gente molto buona, a volte anche mamma andava a farsi i capelli da loro. Un giorno Margot ebbe un figlio. Io non capivo chi fosse il padre, e la cosa mi stupiva e incuriosiva, ma il barrio non pareva preoccuparsene troppo.
A quello stesso numero civico, in un altro appartamento, viveva un uomo sposato con una donna che era stata ballerina di rivista, e anche lei con fama di prostituta: ancora giovane, morì tisica, piegata da quella vita. Ricordo la frettolosa tristezza di quel funerale: il marito appariva scontroso e distante, ripiegato nel suo egoismo, preoccupato solo che il morbo non lo intaccasse e della nuova donna che avrebbe sostituito la defunta.
JORGE MARIO BERGOGLIO ARCIVESCOVO DI BUENOS AIRES jpeg
Anche la madre di quella signora, Berta, una francese, era stata ballerina, e si diceva si fosse esibita nei night club di Parigi; ora faceva la serva in casa d’altri, per ore e ore, ma aveva un portamento e una dignità che impressionavano.
Fin da bambino, ho conosciuto anche il lato più oscuro e faticoso dell’esistenza, l’uno e l’altro insieme, nello stesso isolato. Pure il mondo del carcere: le spazzole che utilizzavamo per i vestiti erano manufatti che acquistavamo dai detenuti della prigione locale, ed è così che ho percepito per la prima volta l’esistenza di quella realtà.
Anche altre due ragazze del quartiere, pure loro sorelle, facevano le prostitute.
Ma d’alto bordo, queste: fissavano appuntamenti per telefono, si facevano venire a prendere con l’automobile. Le chiamavano “la Ciche” e “la Porota”, e tutti nel barrio le conoscevano.
BERGOGLIO TRA I FEDELI A BUENOS AIRES
Gli anni passano, e un giorno, quando ormai ero vescovo ausiliare di Buenos Aires, squilla il telefono in episcopio: è la Porota che mi cerca. L’avevo persa completamente di vista, non la vedevo da quando ero un ragazzino.
«Ehi, non ti ricordi? Ho saputo che ti hanno fatto vescovo, voglio vederti!». È un fiume in piena. Vieni, ho risposto e l’ho ricevuta in vescovado, ancora ero a Flores, doveva essere il 1993.
«Sai — mi dice lei — io ho fatto la prostituta dappertutto, anche negli Stati Uniti. Ho guadagnato, poi mi sono innamorata di un uomo più anziano, è stato il mio amante, e quando è morto ho cambiato vita. Ho una pensione, ora. E vado a fare il bagno ai vecchietti e alle vecchiette delle case di riposo che non hanno nessuno che si prenda cura di loro. A messa non vado molto, e con il mio corpo ho fatto di tutto, ma ora voglio curarmi dei corpi che non interessano a nessuno».
visita di papa francesco in iraq 2
Una Maddalena contemporanea. Mi dice che anche la sorella, la Ciche, ha cambiato vita, e passa il tempo a pregare in chiesa: «Diglielo anche tu che deve muovere il sedere e fare qualcosa per gli altri!». Aveva un linguaggio pittoresco e immaginifico, quattro imprecazioni ogni cinque parole. Ed era malata.
Tempo dopo, quando già ero cardinale di Buenos Aires, la Porota mi richiama per dirmi che avrebbe voluto far festa con le sue amiche, e chiedermi se potessi andare a dir messa per loro, nella parrocchia di Sant’Ignazio. Dico sì, certamente, domandandomi chi mai potessero essere quelle amiche.
JORGE MARIO BERGOGLIO SULLA METRO DI BUENOS AIRES
«Vieni prima, però, che tante si vogliono confessare » aggiunge la Porota. In quel periodo m’incontravo spesso con padre Pepe, don José di Paola, un giovane sacerdote che avevo conosciuto fin dall’inizio del mio episcopato e che dal 1997 era parroco alla Virgen de Caacupé, nella villa 21.
È un uomo di Dio, uno dei preti che da sempre prestano la loro opera nelle villas miserias, le baraccopoli che costellano Buenos Aires, ce ne sono una trentina nella sola capitale e un migliaio nell’intera provincia.
Le villas sono un concentrato di umanità, formicai con centinaia di migliaia di persone. Famiglie che per la maggior parte vengono dal Paraguay, dalla Bolivia, dal Perù, e dall’interno del Paese. Lo Stato lì non lo hanno mai visto, e quando lo Stato per quarant’anni è assente, non dà case, luce, gas o trasporti, non è difficile che si crei al suo posto un’organizzazione parallela.
Con il tempo la droga ha cominciato a circolare in maniera massiccia, e con la droga la violenza e la disgregazione famigliare. Il paco, la “pasta de coca”, quel che resta dalla lavorazione della cocaina per i mercati ricchi, è la droga dei poveri: un flagello che moltiplica la disperazione. Là, in quelle periferie che per la Chiesa devono essere sempre più nuovo centro, un gruppo di laici e di sacerdoti come padre Pepe vivono e testimoniano il Vangelo ogni giorno, tra gli scartati di un’economia che uccide.
JORGE MARIO BERGOGLIO A BUENOS AIRES
Chi dice che la religione è l’oppio dei popoli, un rassicurante racconto per alienare le persone, farebbe bene a farsi prima un giro nelle villas: vedrebbe come, grazie alla fede e a quell’impegno pastorale e civile, sono progredite in modo impensabile, pur tra enormi difficoltà. Farebbe esperienza anche di una grande ricchezza culturale. Toccherebbe con mano che, proprio come la fede, ogni servizio è sempre un incontro, e che siamo noi soprattutto che dai poveri possiamo molto imparare. Quando qualcuno dice che sono un papa villero, prego solo di esserne sempre degno. […]
papa bergoglio quando era arcivescovo di buenos airesa arcivescovo Bergoglio ha sempre frequentato le favelas di Buenos Airesrticle
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