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Giovanni Stringa per il "Corriere della Sera"
Che cosa hanno in comune panettieri, psicologi, ristoratori, agenti immobiliari, giornalai, baristi, pasticcieri, orologiai, gioiellieri, tassisti, parrucchieri e venditori di barche? Due cose: la prima, sono lavoratori autonomi; la seconda, dichiarano di guadagnare meno di un operaio. Lo certificano nientemeno che i dati del dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia: le rilevazioni dei redditi medi netti delle persone fisiche nel 2009, legati agli studi di settore. Sono statistiche sugli autonomi che, se raffrontate a quei 22 mila euro (lordi) che guadagna in media un operaio italiano, spesso sono più bassi. Se non ben più bassi.
ESTETISTI E FRUTTIVENDOLI
Prendiamo l'esempio degli autonomi negli istituti di bellezza, con 7.400 euro l'anno: un terzo di un operaio e poco più di un quarto della voce «servizi di pulizia» (27.600 euro). Viaggiano sotto i Cipputi d'Italia anche i 16 mila euro dei baristi, i 14 mila euro dei fruttivendoli o dei tassisti e i 13.500 euro di orologiai e gioiellieri.
Svettano invece incontrastati in cima alla classifica i notai, con quei 281 mila euro l'anno che non temono di certo, per il futuro, il sorpasso dei farmacisti, medaglia d'argento con 108 mila euro. Seguono i medici (68 mila euro), attori e registi (61.300 euro), commercialisti e consulenti del lavoro (49.400), avvocati (quasi 47 mila euro), dentisti (quasi 46 mila) e tabaccai (43 mila euro).
LA RECESSIONE
Nell'annus horribilis 2009 - quello della grande recessione, con il Pil giù del 5%, che ha poi fatto da anticamera alla crisi del debito pubblico - l'operaio medio ha quindi pagato più tasse di tanti commercianti e professionisti. Dietro i dati medi si nascondono naturalmente tante realtà , dagli studi consolidati ai professionisti alle prime armi (e difficoltà ); dai piccoli negozi in crisi agli alimentari «di lusso»; dagli evasori a chi le tasse le ha sempre pagate.
E i colori «arcobaleno» di questa variopinta classifica risaltano anche nella maxi differenza tra i guadagni del vertice e del fondo-classifica. Se i notai aprono la lista con 281 mila euro, infatti, a chiuderla sono gli autonomi di discoteche (4.500 euro) e centri per il benessere fisico (2.900 euro), e i pescatori (2.500 euro). Nella parte più bassa della classifica anche chi vende al dettaglio oggetti d'arte, corniciai e pelliccerie. Tutti (in media) rigorosamente sotto quota 10 mila euro. In generale, il numero complessivo dei contribuenti interessati dagli studi di settore (3,5 milioni) è diminuito dello 0,7%, i ricavi del 5,2% e i redditi dichiarati dell'8,7% rispetto al 2008.
LE IMPRESE
Segno meno anche quando si passa alle aziende, sempre sulla base dei dati forniti dal dipartimento delle Finanze. Il 37% delle imprese, infatti, ha chiuso il 2009 con un bilancio in perdita e il numero dei fallimenti è salito del 62%. Inoltre, il numero di aziende che hanno presentato la dichiarazione Irap è sceso del 3,3%. C'è poi un forte squilibrio tra Nord e Sud nelle dichiarazioni Ires delle aziende; secondo le dichiarazioni sul 2009 - ha sottolineato il dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia - il reddito d'impresa «si conferma fortemente concentrato nelle regioni del Centro e del Nord: nel Sud e nelle Isole viene dichiarato solo l'8,5% del reddito d'impresa totale».
GLI ACCERTAMENTI
Dal ministero sono arrivati poi i dati sulle entrate fiscali (per competenza): nei primi undici mesi del 2011 sono saliti a 364 miliardi, in aumento dello 0,4% sullo stesso periodo del 2010. Tra le voci in crescita ci sono le entrate tributarie relative ai giochi (+10,6%) e il gettito degli accertamenti (+858 milioni, +18,3%).
IL CONFRONTO CON L'ESTERO
Tra i documenti pubblicati ieri dal Tesoro c'è anche un confronto internazionale: l'Italia è il Paese con la crescita del gettito più debole tra i principali Stati europei. Secondo il Bollettino delle entrate tributarie internazionali, infatti, tra i sette Paesi presi a confronto spicca la Germania, che ha visto nei primi 11 mesi del 2011 un aumento delle entrate dell'8,5%; seguono l'Irlanda (+7,9%), il Portogallo (+5,7%), il Regno Unito (+5,5%), la Francia (+3,2%), la Spagna (+0,5%) e, ultima, l'Italia (+0,4%).
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