DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER…
Davide Frattini per il “Corriere della Sera”
Raccontano sia in grado di citare a memoria le battute di Seinfeld quanto la Torah. E che abbia applicato questa capacità agli slogan della prima campagna elettorale, quando è entrato in politica otto anni fa.
«Ci sono eventi che la maggior parte di noi sa non succederanno mai: i Sopranos non torneranno per una nuova stagione e non ci sarà un piano di pace con i palestinesi». Così: senza compromessi e per lui senza contraddizioni.
Eppure qualcuna se la porta dietro: Naftali Bennett è stato il direttore del consiglio di Yesha, l'organo politico che rappresenta i coloni in Cisgiordania, ma vive a Raanana sobborgo a nord di Tel Aviv dove ritrova gli anglos come lui - con accenti americani, britannici, sudafricani - ed è abitato in maggioranza da programmatori, ingegneri, inventori di start-up.
Quello che faceva e che lo ha reso multimilionario prima di questa corsa - ancora a ostacoli - fino alla poltrona di primo ministro. Porta sulla testa una piccola kippah all'uncinetto che simboleggia il sionismo religioso, ma non ampia come quella dei coloni più oltranzisti e razzisti: potrebbe essere il primo capo del governo a indossarne una nella Storia del Paese, di sicuro il primo rappresentante del movimento che vuole mettere insieme la fede e la fedeltà allo Stato.
naftali bennett e bibi netanyahu
È osservante, la moglie no: quando sono andati a vivere per un periodo nell'Upper East Side di Manhattan - ha detto orgoglioso al settimanale New Yorker - Gilat ha lavorato come cuoca pasticcera e «ha fatto ricredere alcuni critici sulle virtù della crème brûlée».
Resta un prodotto delle yeshiva che ha imparato le lezioni del rabbino Abraham Isaac Kook e potrebbe essere in grado - scrive il quotidiano Yedioth Ahronoth - di incoraggiare gli israeliani a ritrovare l'unità perduta: «Il sionismo religioso ha sempre aspirato a costruire ponti tra devoti e laici, umanesimo e fede, nazionalismo e universalismo».
Certo non la versione razzista e xenofoba - continua il giornale più venduto nel Paese - di Bezalel Smotrich o Itamar Ben Gvir. Dei due anni in cui è stato capo dello staff per Benjamin Netanyahu, allora all'opposizione, preferisce non parlare.
Una volta si sarebbe lasciato scappare che i dissapori sono sorti con Sarah e che aver lavorato con lei è «come essere sopravvissuto a un corso di terrorismo». Tra il 2006 e il 2008 la moglie del premier in carica ha reso la vita difficile anche ad Ayelet Shaked, che dopo ha fondato i nuovi partiti della destra assieme a Bennett e adesso potrebbe diventare ministra degli Interni, una delle otto donne a far parte del governo nascente, sarebbe un record.
Netanyahu lo ha coltivato e allo stesso tempo temuto: quando è apparso sulla scena lo ha definito «un estremista pericoloso e messianico». Ha preferito tenerselo vicino per controllarlo e gli ha affidato vari ministeri fino alla seconda rottura: Bennett ha individuato il vuoto politico durante i primi mesi di lotta al Covid-19, è andato all'opposizione e si è trasformato in ministro ombra.
Un attivismo sanitario che in una fase ha portato il suo piccolo partito a raggiungere oltre 20 deputati nei sondaggi, la realtà delle elezioni alla fine di marzo lo ha lasciato con 7.
Deve tenerseli stretti: in due minacciano di votare no alla fiducia la settimana prossima, su di loro e sugli altri politici di destra nella coalizione si stanno abbattendo le manovre di Netanyahu: bolla Naftali come «un traditore» e il possibile governo «come pericoloso per il Paese», perché - ripetono i suoi megafoni sui social media - è formato da partiti della sinistra storica, fuoriusciti del Likud, il centro di Yair Lapid e una formazione araba islamista.
Gli appelli ai picchetti davanti alle case di Bennett e Shaked hanno spinto i servizi segreti interni a mettere sotto protezione l'uomo che potrebbe prendere il posto di Netanyahu dopo 12 anni al potere senza interruzione.
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