DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA…
Tommaso Ciriaco per âLa Repubblica'
Basterebbe scusarsi. E invece Beppe Grillo raddoppia, in una conferenza stampa infarcita di insulti contro tutto ciò che gli capita a tiro. Rivendica la foto taroccata di Auschwitz, esalta l'incredibile parafrasi di Primo Levi, si spinge fino a chiedere le dimissioni di Renzo Gattegna: «à stupido e ignorante».
Come se non bastasse, mette alla porta pure il deputato Tommaso Currò, che pure l'ascolta in prima fila: «Currò mi critica? Non so chi sia Currò», lo liquida mentre raggiunge il Senato. Lì, appollaiato nella tribunetta per gli ospiti, plaude ai senatori grillini che bocciano un 416-ter giudicato troppo "morbido".
Stavolta la voce è un po' bassa, colpa dello show a pagamento della sera prima. Arriva a Montecitorio dopo pranzo. Lo attendono telecamere e cronisti, compresi quelli che definisce gli «scagnozzi di Repubblica». C'è troppa gente, si cambia sala. L'occasione dell'incontro è la proposta di legge per abolire Equitalia, con toccanti testimonianze di cittadini sul lastrico, tra i quali la vedova di un imprenditore suicida. Poi però il leader cambia registro. Ed è un diluvio di improperi.
Il primo obiettivo è il presidente delle comunità ebraiche, reo di aver contrastato il leader: «Nel post non c'era nessun intento di offendere, non volevo fare battute». Poi però il Capo del Movimento sfiora pericolosamente l'argomento della lobby ebraica: «Non chiedo scusa, dovrebbero sostituire il portavoce delle comunità ebraiche. Quando si toccano i poteri forti vengono fuori le lobby».
Non basta. C'è la stampa al centro dei pensieri di Grillo. Che preferirebbe, evidentemente, un approccio più morbido dei media: «Noi diventeremo lo Stato, allora il M5S non servirà più. E voi, è possibile che fate queste domande stupide? I giornali hanno i mesi contati: cercatevi un altro lavoro. Almeno non perseguitateci. Rischiate qualcosa, anche il posto di lavoro ». E poi, sconsolato: «Tanto non si redimono...».
Anzi, condizionano i media stranieri: «Sono uscito sui giornali tedeschi come il "fuhrer"». Il resto del monologo ricalca il recente tour antieuro, in pillole. Affondi contro Matteo Renzi - «un pagliaccetto» - contro il Quirinale e Carlo De Benedetti. Le nomine del governo, invece, non lo entusiasmano: «Peggio di Scaroni non credo sia possibile. La Marcegaglia è una brava persona, ma non è una innovatrice».
Poco più tardi il leader si sposta al Senato. In tribuna, assiste all'ostruzionismo del Movimento sul 416 ter. à un bombardamento di allusioni, culminate nel coro: «Fuori la mafia dallo stato». Si scatena la bagarre. Una senatrice di Forza Italia grida: «Abbiamo un assassino in tribuna».
I senatori di Beppe gridano più forte, interrompono il capogruppo dem Luigi Zanda. Che si infuria: «Assistiamo a continui insulti e provocazioni dei cinquestelle, è la loro campagna elettorale». Dall'alto, il Fondatore benedice la battaglia: «Il 416 è la più grande vergogna. La mafia si sta trasformando: tu fai questo e tu mi aiuti sulle riforme. Ci batteremo fino alla fine». L'unico a salvarsi, per Grillo, è il Presidente di Palazzo Madama: «Grasso è una persona straordinaria».
Quel che resta è show a favore di telecamera. Alza il bavero della giacca per coprirsi dagli obiettivi che lo "puntano", bacia e abbraccia i deputati accorsi al Senato per omaggiarlo.
Neanche l'affondo di Marine Le Pen - «il signor Grillo adotta un comportamento scapestrato senza offrire un progetto coerente » - lo disturba. In fondo, è già campagna elettorale.
BEPPEGRILLO Beppe Grillo PRIMO LEVIPIERO GRASSO SENATO MATTEO RENZI E CARLO DE BENEDETTI A LA REPUBBLICA DELLE IDEE A firenze
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