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Amedeo La Mattina per "la Stampa"
Nessuna risposta, nessuna rottura, dicono a Palazzo Grazioli. Non c'era una risposta immediata da dare e non c'era nemmeno alcuna ragione per rompere, osservano al Quirinale. Il presidente Napolitano, spiegano sul Colle, esaminerà con attenzione tutti gli aspetti delle questioni che gli sono state prospettate da Renato Schifani e Renato Brunetta.
I due capigruppo del Pdl hanno posto un problema politico: non si può estromettere Silvio Berlusconi dalla politica, c'è una questione di agibilità di uno dei principali partiti italiani. Sarebbe necessario un atto di clemenza, cioè la grazia o la commutazione della pena da detentiva a pecuniaria. Hanno sottolineato che in queste condizioni garantire la tenuta della maggioranza non sarà un'impresa facile.
Ecco, invece, è proprio questo il punto al quale Napolitano tiene sopra ogni cosa: la stabilità di governo, la prosecuzione del lavoro iniziato dal governo Letta. A Schifani e Brunetta è stato chiarito che il presidente della Repubblica non scioglierebbe il Parlamento fino a quando rimane in vigore questa legge elettorale, con il Porcellum che potrebbe essere dichiarato incostituzionale dalla Consulta da qui a qualche mese.
Detto questo, però, se c'è qualcosa che potrà essere fatto, non sarà certo Napolitano a chiudere la porta. Non si deve tuttavia parlare di grazia e di nessun altro provvedimento che possa anche minimamente rompere gli equilibri istituzionali e ledere il principio della separazione dei poteri. Una fiammella, una piccola apertura che è stata discussa con il Cavaliere.
Bisogna dire che a Palazzo Grazioli il pessimismo è cosmico. Messa da parte la grazia e l'ipotesi della commutazione della pena, Berlusconi non crede che al Quirinale possano trovare una soluzione accettabile. Secondo i falchi la verità è che non la si vuole trovare. Denis Verdini ha alzato la voce dicendo che di Napolitano non ci si può fidare. Per Daniela Santanché non intende fare nulla e «alla fine, caro presidente, finirai in carcere; meglio mettere in crisi il governo e andare a elezioni». Schifani ha cercato di frenare la cavalcata delle Valchirie, ha spiegato che da parte del Capo dello Stato c'è grande disponibilità , ha preso appunti, ascoltato con attenzione le ragioni che gli sono state esposte, insomma non bisogna fasciarsi la testa prima di rompersela.
Berlusconi ha ascoltato scuro in volto, scettico. Si sente con le spalle al muro, sta malissimo, si è sfogato contro l'«ingiustizia» che sta subendo. Si rende conto che lo stesso Napolitano ha margini di manovra strettissimi, che non può fare granché se esclude la grazia o la commutazione della pena.
«Adesso - ha osservato - è caduto un tabù con la condanna in Cassazione. Gli altri processi verranno accelerati e quello Ruby vedrete che arriverà in Cassazione già il prossimo anno. Dipendesse da me - ha aggiunto - andrei alle elezioni ma non ci sono le condizioni, Napolitano non ci manderebbe mai a votare». La sensazione è di essere con le spalle al muro, con quella fiammella accesa sul Colle che per i rapaci del Pdl è solo escamotage per prendere tempo. Dicono: «Metterà l'ufficio legislativo al lavoro, farà passare l'estate, intanto per il nostro leader si aprono le porte del carcere».
Sì, perchè sembra che il Cavaliere abbia detto che non chiederà gli arresti domiciliari né tantomeno l'affidamento ai servizi sociali come se fosse un criminale da rieducare. «Preferisco andare in carcere». à quello che ha ripetuto Santanchè lasciando Palazzo Grazioli e che le colombe contestano. Spiegano un pezzo del Pdl gioca al tanto peggio tanto meglio e vuole il capo in galera per farsi una Forza Italia con il coltello tra i denti ed emarginare i moderati del partito, a cominciare dai ministri.
Un gioco al massacro sulla pelle dello stesso Berlusconi. Invece bisogna fidarsi del Quirinale, attendere una risposta. à chiaro che il Pd non potrà intanto fare sgambetti, Mercoledì, ad esempio, ci sarà un primo Banco di prova quando alle 20 si riunirà la Giunta per le elezioni del Senato: si vedrà come si comporteranno i Democratici sulla decadenza o l'ineleggibilità di Berlusconi da senatore.
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