DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Fabio Martini per “la Stampa”
La sua vita è questa: un'eterna replica. Oramai Silvio Berlusconi è un replay tenace - quasi compulsivo - delle stesse immagini e degli stessi refrain, da decenni sempre uguali a se stessi. E infatti rieccolo apparire in video il 17 agosto 2022: alle sue spalle riappaiono la stessa libreria, gli stessi libri, le stesse foto-ricordo che facevano da fondale alla video-cassetta di ventotto anni fa, quando il Cavaliere annunciò la sua discesa in campo. Stavolta Berlusconi parla di giustizia, un tema col quale ha una grande confidenza.
Da quando lui è entrato in politica nel 1994, i magistrati hanno setacciato incessantemente ogni sua attività. Non che mancasse mai la "materia", ma a nessun altro imprenditore o politico italiano sono state dedicate le stesse cure. E le contromisure di Berlusconi hanno segnato la sua carriera politica: da capo del governo ha prodotto una serie di legge "ad personam" che lo hanno protetto dai processi, ma ne hanno affievolito il prestigio.
Con un paradosso: Berlusconi denuncia da sempre la magistratura politicizzata ma nel suo quasi decennio a palazzo Chigi non è riuscito a produrre neppure mezza riforma del sistema-Giustizia. Certo, per il suo avvocato Niccolò Ghedini (scomparso ieri sera) le leggine personalizzate servirono «a dare maggiori garanzie ai cittadini, perché a nessun altro succedesse quello che è accaduto a Silvio Berlusconi».
Ma il paradosso resta ed è grande: Berlusconi è stato garantista con sé stesso, ma non con gli italiani.
berlusconi al tribunale di napoli per il processo lavitola
Nel suo video agostano di queste ore c'è una piccola novità: Berlusconi non parla di sé ma di quelle «migliaia di italiani ogni anno processati e arrestati pur essendo innocenti», vessati davanti alle loro «famiglie, agli amici, sul lavoro». È a quegli elettori che si rivolge: alle milioni di persone lambite o colpite da un processo civile, amministrativo, penale.
Ma non è la prima volta. La sua "carriera" di sedicente vittima, di pluri-processato è una storia infinita e originalissima, anzi si può dire che tutta la carriera politica di Berlusconi sia iniziata e sembrava finita con la questione giustizia.
Quando la Prima Repubblica sprofonda, tra l'estate 1992 e la primavera del 1993, Silvio Berlusconi intuisce che la magistratura potrebbe presto occuparsi di lui. Prima di buttarsi in politica, appoggia con le sue tv le indagini di Mani pulite: in tal senso le telecronache "tifose" di Paolo Brosio per Rete 4 restano memorabili. Nella primavera del 1994, alla guida di Forza Italia, vince le elezioni e appena sei mesi più tardi viene raggiunto da un invito a comparire presso la Procura di Milano: Umberto Bossi ritira la fiducia della Lega e il governo entra in crisi. Passano sette anni prima che Berlusconi rivinca le elezioni.
AL TRIBUNALE DI MILANO PER LA SENTENZA BERLUSCONI RUBY
Riecco le inchieste: tra il 2001 e il 2006 il governo di centrodestra approva una sfilza di norme che aiutano il presidente del Consiglio a proteggersi dai processi. Una striscia mozzafiato. La legge sulle rogatorie internazionali, sul diritto societario, sul legittimo sospetto, sulla protezione dai processi delle alte cariche dello Stato in carica, sulla riduzione della prescrizione, sul legittimo impedimento. Silvio si salva ma perde prestigio e l'eterogenea Unione di Prodi riesce a vincere le elezioni del 2006.
Ma la giustizia non "lascia" Berlusconi. Nel 2013 il Cavaliere viene condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione e all'interdizione ai pubblici uffici per due anni per frode fiscale decadendo quindi da senatore. Dopo ben 20 procedimenti - schivati nei modi più diversi o anche archiviati - quella per frode fiscale è stata la prima condanna in via definitiva. All'origine di tanta, decennale attenzione da parte dei Pm c'è forse il suo ingresso in politica? Mamma Rossella, che conosceva bene il suo Silvio, nel 1997 disse: «La politica? Che cosa terribile. Io non volevo. Ma lui mi rispose che sentiva una forte spinta dentro di sé. Comunque, se non fosse andato in politica sarebbe stato meglio».
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