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(Adnkronos) - Cosa hanno in comune Craxi e Berlinguer? Sono due perdenti di successo: hanno combattuto le loro battaglie politiche, le hanno perse, ma sui 'fondamentali' avevano ragione. Ormai fuori dalla mischia politica, Fausto Bertinotti rilegge le figure dei due leader politici che per piu' di un decennio si sono dati battaglia per l'egemonia a sinistra. Lo scenario sono gli anni '80, riproposto nel libro "Socialisti e comunisti negli anni di Craxi", a cura di Gennaro Acquaviva e Marco Gervasoni, a cui la Fondazione della Camera ha dedicato l'incontro "Confronto e conflitto a sinistra alla fine degli anni Ottanta".
Anni nei quali, ha osservato Bertinotti, "il Pci aveva cominciato a vivere la crisi prodotta dalla 'via italiana al socialismo'". Ma la parabola discendente era cominciata molto prima, perche' i comunisti italiani non seppero "cogliere i contenuti innovativi del '68 e l'occasione dell'invasione della Cecoslovacchia per smarcarsi dai regimi comunisti. Al contrario il partito socialista di Craxi, per affermare il suo progetto politico, compie un'operazione molto ambiziosa: partendo dall'autonomia socialista, approda all'autonomia della politica, la enfatizza e per realizzarla separa il Psi dai grandi corsi ideali del 900".
"Berlinguer e Craxi -ha proseguito Bertinotti- reagiscono in modi opposti di fronte alla crisi dei loro partiti: Craxi sceglie il tempo breve e quindi il governo. Siccome e' un uomo forte, capace anche di scelte corsare, costruisce una cultura che andra' diffondendosi, quella della 'governa-mentalita'. Ovvero, la politica esiste solo se si sta al governo. Fuori dalla dimensione del governo non c'e' politica. La sfida e' dunque quella della formazione di una classe dirigente di governo, spregiudicata, ma di governo".
"Berlinguer -ha continuato l'ex presidente della Camera- invece fa l'operazione opposta e al tempo breve di Craxi oppone il suo tempo lungo. Accetta l'idea della sconfitta e dice 'si puo' anche perdere'. Allunga il passo perche' vede il fallimento del compromesso storico. Ma quella cosa, seppur criticabile, si trasforma in qualcosa di peggio: il governo di solidarieta' nazionale, un mostro impresentabile, come spesso accade quando la sinistra accede al governo".
Nel volere e sostenere il referendum sulla scala mobile, Bertinotti ha osservato che "Berlinguer aveva ragione, perche' comprese che li' si stava giocando una partita vitale per il partito, una partita che e' decisivo giocare anche se la perdera'. Craxi decide invece di stare dall'altra parte, perche' cosi' pensa di guidare la modernizzazione". Lo scontro, a parere di Bertinotti, si chiude senza vincitori. "Craxi perde lasciando molti eredi e un'eredita'. Oggi gran parte di questa eredita' non gli viene riconosciuta. Berlinguer perde ma non lascia eredi".
"Oggi di quegli anni ci e' rimasto il peggio e senza la parte migliore: la sfida politica. La corruzione c'e' ancora, peggiore che nella I Repubblica, perche' si e' tradotta in una sfida tra potentati che hanno di fronte a una politica afasica e sottomessa. Tangentopoli ha trasformato Craxi in un capro espiatorio. Quella tra Craxi e Berlinguer fu una grande contesa. Erano due leader di partiti avviati sul viale del tramonto, ma che avevano un'idea di futuro. Io insisto -ha concluso Bertinotti- oggi di fronte a noi ci sono tre cadaveri: la democrazia, politica e le sinistre".
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