BRUXELLES NON FA PRIGIONIERI E ARRIVA L’EUROPIZZINO ANCHE PER RENZI CHE VORREBBE OTTENERE QUALCHE ALLENTAMENTO DELLE REGOLE CONTABILI: “NIENTE SCONTI SUL DEFICIT: I VINCOLI DI BILANCIO SI RISPETTANO”

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Francesco De Dominicis per "Libero quotidiano"

«Niente sconti sul deficit: i vincoli di bilancio si rispettano». È olandese, ma si è rivelato puntuale come un orologio svizzero. Con un tempismo perfetto (o sospetto?) Jeroen Dijsselbloem, presidente dell'Eurogruppo, ha preso di mira il governo di Matteo Renzi. Un richiamo, quello arrivato ieri dal leader dell'organismo Ue che riunisce i ministri finanziari dell'area euro, che corre il rischio di inguaiare i piani dell'ex sindaco di Firenze.

Dijsselbloem, ad Atene per la periodica riunione dell'Eurogruppo, ha colto l'occasione per ribadire un principio sulla carta scontato. E cioè che tutti i paesi dell'area valutaria sono tenuti a rispettare gli impegni presi sul risanamento dei conti pubblici, mentre portano avanti riforme e provvedimenti volti a rilanciare le economie e la competitività. «Raccomando a tutti i paesi - queste le parole dell'olandese - di attenersi alle procedure di bilancio e agli accordi che abbiamo stretto».

Il concetto è noto. Resta, tuttavia, il sospetto: l'intervento di Dijsselbloem sembra arrivato non casualmente a ridosso della presentazione del Def, il documento di economia e finanza nel quale l'esecutivo metterà per la prima volta nero su bianco le cifre che tracceranno il percorso di politica economica dei prossimi mesi.

Ma il pizzino Ue è arrivato soprattutto ad appena 24 ore di distanza dalla pubblicazione delle possibili coperture per il taglio Irpef da 80 euro. In effetti, i fondi individuati da palazzo Chigi per assicurare gli sgravi in busta paga a chi guadagna fino a 25mila euro sono, almeno in parte, un po' ballerini. Per varare gli sconti sulle tasse ai lavoratori servono 10 miliardi di euro l'anno, cifra che scende a circa 6,8 nel 2014 perché si parte da maggio (di qui un risparmio di circa 3,2 miliardi sul periodo gennaio-aprile). Renzi ha pronto un mix di interventi.

A cominciare dalla prima applicazione della spending review che dovrebbe fruttare 1 miliardo grazie alla stretta sugli acquisti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione; 1 miliardo dovrebbe arrivare grazie al calo dei trasferimenti alle imprese e altrettanto da riduzioni al budget per la sanità (spesa farmaceutica); circa 1,5 miliardi da sforbiciate a stipendi e premi di dirigenti pubblici e "solo" 100 milioni da risparmi sulla difesa.

Il nodo preso indirettamente di mira dall'Europa è il «tesoretto spread», vale a dire quei 2,2 miliardi che via Venti Settembre potrebbe risparmiare grazie alla discesa del differenziale di rendimento tra Italia e Germania: previsto a quota 200 punti per tutto il 2014 nell'ultimo bilancio preventivo, il divario è crollato e pare essersi stabilizzato a quota 170 punti. Ne conseguirebbe, dunque, un vantaggio per le finanze statali. Più un beneficio virtuale che una stima attendibile, però.

Di qui l'altolà di Dijsselbloem che è tornato, insieme col commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, a chiedere all'Italia sforzi per riforme nel rispetto completo dei vincoli di bilancio. Un ragionamento condiviso anche dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, il quale ha nuovamente esortato i paesi dell'area euro a «non vanificare gli sforzi fatti sul risanamento dei conti pubblici». Tanto più, ha affermato l'inquilino dell'Eurotower, che questi progressi sono stati ottenuti al prezzo di «tanti sacrifici e fatica» in questi anni.

L'Italia prova a puntare i piedi. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha provato a individuare un canale per avviare con Bruxelles quel dialogo che potrebbe portare alla tanto agognata flessibilità: esiste, ha spiegato, una «possibilità di modulare i tempi dell'aggiustamento strutturale», mantenendone ovviamente la «direzione».

Un discorso che Padoan ha chiarito in modo così esplicito per la prima volta e che descrive la strada che, negli auspici del governo, dovrebbe portare l'Italia a prendersi il margine di cui ha bisogno per coniugare riforme per la crescita e risanamento del bilancio. Resta il fatto che l'Italia non può, sulla base ai vincoli europei, aumentare il deficit portandolo vicino al 3% e non può nemmeno ignorare l'impegno a ridurre il debito. L'obiettivo di Padoan è, semmai, prendere tempo e allungare la tabella di marcia per la riduzione del «buco», da mesi sopra quota 2mila miliardi.

Qualche buona notizia è arrivata sul versante del fabbisogno, che è calato a marzo di 3,5 miliardi fermandosi a 18,4 miliardi rispetto ai 21,9 miliardi del 2013. Complessivamente, il miglioramento sul primo trimestre (totale 31,7 miliardi) è di 5 miliardi, grazie all'aumento del gettito legato alle accise e all'Iva.

E a una voce «una tantum», caricata sul bilancio dello scorso anno (1,6 miliardi di aumento di capitale della Bei), che ridimensiona il risultato. L'agenzia delle Entrate ha fatto sapere che la lotta all'evasione lo scorso anno ha fruttato 13,1 miliardi rispetto ai 12,5 del 2012 (più 5%). Un record, ma sempre un'inezia rispetto alla montagna di nero da 120 miliardi che ogni anno resta nelle tasche dei furbetti delle tasse.

 

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