IL BOTTO DI FINE ANNO: IL 1 AGOSTO 2024 (DUE SETTIMANE DOPO IL TAGLIO SUL CAPOCCIONE) GENNARO…
ELISA CALESSI per Libero Quotidiano
Nonostante Matteo Renzi sia ancora al timone del Pd e intenda rimanerci almeno fino all' autunno, il dopo-Renzi è già cominciato. E, per ora, ha il nome di Carlo Calenda, ex uomo di Montezemolo, ministro dello Sviluppo economico, negli ultimi mesi diventato popolare in molti ambienti di sinistra-sinistra, per via del lavoro fatto nella soluzione di alcune crisi aziendali. Il suo passo in avanti si concretizza in un annuncio su Twitter, social che Calenda usa molto e che ha in buona parte contribuito alla sua nuova popolarità.
«Non bisogna fare un altro partito, ma lavorare per risollevare quello che c' è. Domani mi vado a iscrivere al Pd», scrive di buon mattino. Parole che nel buio in cui è precipitato il Pd, con il gruppo dirigente sotto choc per la sconfitta e dilaniato, suonano come un imprevisto raggio di luce.
Fioccano messaggi di congratulazione. Con una successione molto significativa. Il primo è il premier, Paolo Gentiloni: «Grazie Carlo!», scrive subito rompendo un silenzio che proseguiva dalla notte elettorale. Poi tocca a Maurizio Martina, che si dice sia in rotta totale con Renzi per via delle dimissioni rinviate. Il vicesegretario definisce quella del ministro uscente «la scelta giusta». Ancora più caloroso è il benvenuto di Matteo Richetti, anche lui tornato freddo con Renzi: «Preparo il comitato d' accoglienza! Che bella notizia! Si riparte alla grande». Poi Anna Finocchiaro e Luigi Zanda, che hanno duramente criticato le dimissioni posticipate di Renzi. E gli dà il benvenuto Nicola Zingaretti, punto di riferimento degli antirenziani. Non meno significativi sono i giudizi positivi che arrivano dai cugini di Leu: Enrico Rossi, Stefano Fassina.
Difficile non vedere, in questo largo benvenuto, un pensiero per il dopo Renzi. Perché nel Pd, in realtà, quella fase è già iniziata. Non solo nella minoranza, ma anche in settori della maggioranza teoricamente renziana c' è la voglia di archiviare il prima possibile il segretario che, si dice, «ci ha precipitati al 18%».
Martina e Franceschini per ora stanno defilati, ma condividono le preoccupazioni di Gentiloni sull' atteggiamento di Renzi. Solo che, fino a ieri, non c' era un nome per il dopo. Molti guardano a Zingaretti, ma il governatore vuole dedicarsi alla regione. Calenda sembra l' uomo giusto al momento giusto. Preparato, stimato in Europa, in Confindustria ma perfino in ambienti assai lontani dal suo cursus honorum, a cominciare dalla Cgil (motivo per cui piace anche a sinistra del Pd). Calenda, infine, ha un ottimo rapporto con Gentiloni.
Altra medaglia al petto: è il ministro che più ha discusso con Renzi e spesso pubblicamente. La sua disponibilità diventa, così, la zattera per i naufraghi della ormai ex maggioranza renziana. Perché lo schieramento che sostiene Renzi è sempre meno compatto e potrebbe manifestarsi già lunedì alla direzione nazionale. Riunione a cui il segretario non parteciperà e che sarà introdotta da Martina. «Sono certo», scrive Dario Franceschini, «che lui troverà i toni e i contenuti per tenere il partito unito e che tutti noi gli daremo una mano».
Renzi intanto è impegnato a fare la conta di quanti, tra i nuovi eletti, sono fedeli a lui e appoggeranno la linea di stare all' opposizione di un governo a guida M5S o Lega. Al Senato il gruppo dei fedeli è solido, ma alla Camera molto meno.
E lo tsunami del voto potrebbe ridurre ancora di più il tasso di fedeltà. Soprattutto se la linea di Renzi dovesse portare allo scioglimento delle Camere, cosa che tutti, specie i neo-eletti, vogliono evitare.
Il primo scontro sarà lunedì in direzione dove si comincerà a capire su quanti "soldati" può ancora contare il segretario. L' aria, tra i dem, è da Titanic. E quando si affonda, ogni scialuppa è buona.
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