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Riccardo Arena per "la Stampa"
Il giudice non si convince e non archivia l'inchiesta per mafia nei confronti dell'ex presidente del Senato Renato Schifani: udienza dunque fissata per il 23 luglio, quando le parti - la Procura che ha chiesto l'archiviazione e lo stesso attuale capogruppo del Pdl al Senato - saranno convocate davanti al Gip Piergiorgio Morosini.
Che ascolterà le ragioni che hanno indotto i pm Nino Di Matteo e Paolo Guido a formulare la richiesta e le eventuali osservazioni dei legali di Schifani, chiamato in causa da quattro pentiti e invischiato in un'indagine aperta quando occupava la seconda carica dello Stato. Per evitare fughe di notizie (che ovviamente c'erano state lo stesso) l'ufficio diretto da Francesco Messineo aveva iscritto l'allora presidente del Senato con uno pseudonimo curioso, «Schioperatu».
Nel giorno in cui la corte d'assise di Palermo respinge le eccezioni di incompetenza territoriale e funzionale nel processo sulla trattativa Stato-mafia, stabilendo dunque che il dibattimento rimanga nel capoluogo siciliano, a Schifani viene notificato il provvedimento del Gip Morosini, poco convinto dalla decisione di chiudere la vicenda con un'archiviazione, chiesta, prima della partenza per il Guatemala, dall'ex procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia. Nonostante vi fossero una serie di elementi a carico dell'indagato, avevano scritto gli inquirenti, mancavano riscontri certi, oggettivi e individualizzanti.
Non erano sufficientemente provate, in particolare, le accuse del pentito di Villabate, Francesco Campanella, che aveva parlato della vicinanza di Schifani al boss di Villabate, Nino Mandalà , e dei presunti favori che l'esponente politico avrebbe fatto, quando era avvocato e consulente del Comune a cinque chilometri da Palermo, sulle vicende del piano regolatore del paese.
Sullo stesso fronte, quello dei piani regolatori, un altro collaborante, Innocenzo Lo Sicco, ex costruttore, aveva affermato che Schifani sarebbe riuscito a «salvare» un palazzo abusivo, nel centro di Palermo, facendo approvare, apposta per quell'edificio, una sanatoria edilizia nazionale. L'indagine, già stata archiviata una prima volta, era stata riaperta nel 2010, a seguito delle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza.
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