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Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
In linea di principio avrebbe ragione: «Quando c’è di mezzo il futuro di migliaia di persone, non esiste un prendere o lasciare» ha detto ieri Susanna Camusso. Il segretario della Cgil parlava della spinosa trattativa tra Alitalia ed Etihad, che dovrebbe entrare nel capitale della ex compagnia di bandiera italiana col 49% delle quote (ma la percentuale è destinata a crescere).
Pare di vedere lo stesso film del 2008, con la differenza che il vettore della Penisola all’epoca faceva gola (si fa per dire) ai francesi di AirFrance. E (anche) a cagione delle resistenze dei sindacati, il tavolo saltò e l’allora premier Silvio Berlusconi si inventò la «Cai» capitanata da Roberto Colaninno a cui di fatto «regalò» la parte sana di Alitalia scaricando i debiti nella cosiddetta bad company e quindi sul bilancio pubblico (oltre 3 miliardi di euro).
Le organizzazioni dei lavoratori, che pure hanno sempre avallato scellerate politiche di assunzione, soprattutto negli anni ’80 e ’90, puntarono i piedi sugli esuberi; esattamente quello che oggi sta riproponendo la Cgil che rigetta la proposta di 2.251 eccedenze, peraltro confermate ieri dal ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. Cinque anni fa i francesi volarono via e adesso pure gli arabi potrebbero spaventarsi a tal punto da fuggire prima della firma finale sull’accordo.
Hostess Alitalia
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Camusso non si accontenta delle promesse di Lupi, il quale ha detto di valutare ricollocazioni per i lavoratori che resteranno fuori. In ballo c’è anche l’ipotesi di esternalizzare i servizi di information technology alle Poste che quindi assorbirebbe parte del personale extra. Oltre a Poste, come hanno riferito fonti sindacali, si parla di Adr, di società di catering e di imprese di manutenzione. Voci. Siamo, in ogni caso, alla stretta finale con una trattativa a oltranza che partirà martedì 8 luglio per chiudere entro la fine della prossima settimana: quattro, cinque giorni di incontri serratissimi tra governo, sindacati e azienda.
Alla dura Cgil si contrappongono posizioni più morbide delle altre sigle. Ma il fronte sindacale registra forte fibrillazioni da parte delle associazioni professionali Anpac, Avia e Anpav, che, che contro l’esclusione dal confronto con l’esecutivo di Matteo Renzi, hanno proclamato una giornata di sciopero per il 20 luglio.
Per cercare di tranquillizzare l’amministratore delegato di Etihad, James Hogan, il ministro ha definito il vettore degli Emirati «un grande alleato». Tuttavia, di là dalle rassicurazioni di Lupi, la faccenda resta avvolta da una nube di incertezze, con le nozze italo-arabe sempre più in bilico. Per ora i due gruppi sono diventati una «coppia di fatto»: Expo 2015 li ha nominati (dopo una gara con bando pubblico) compagnie ufficiali dell’evento in programma l’anno prossimo.
Alitalia ed Etihad si sono impegnate a garantire quasi 100 voli al giorno, compresi gli incrementi su Linate e Malpensa previsti dagli accordi tra i due vettori, per collegare Milano con 866 località in tutto il mondo. Expo a parte, gli occhi sono puntati sul matrimonio che si dovrebbe celebrare tra pochi giorni.
Di traverso, intanto, si mettono anche le banche creditrici di Alitalia (che devono dare l’assenso alla ristrutturazione del debito e vogliono garanzie sul futuro, ovviamente). Gli istituti firmeranno a una sola condizione, dettata da Gian Maria Gros-Pietro (IntesaSanpaolo): «Senza la piena adesione del sindacato al piano industriale non siamo disposti a partecipare al finanziamento». L’ultimo sì spetta a una donna: Susanna Camusso. Orientata a stracciare tutto.
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