«Credo di sì. Una pace giusta vorrebbe dire il ritiro della Russia da tutti i territori che ha occupato contro il diritto internazionale: sarebbe corretto, ma temo non finirà così. Da quando abbiamo sostituito le regole del multilateralismo con quelle della forza, il mondo è un posto ancora più ingiusto».
Anche il vertice di Ferragosto Trump-Putin è stato un omaggio ai rapporti di forza?
«È evidente che Trump non pensa l’Occidente come noi, col nostro sistema di valori: è un sovvertimento che prima ha portato dentro i confini americani, e ora anche fuori. Il meglio che possiamo fare come uomini di governo e di Stato è evitare di commentare le scene che abbiamo visto ad Anchorage, gli applausi e il tappeto rosso per Putin.
(...)
Un tema particolarmente delicato per noi europei è quello delle garanzie per l’Ucraina. Che ne pensa della proposta della premier Meloni di una sorta di articolo 5 della Nato senza ingresso dell’Ucraina nella Nato?
«L’idea è buona, il problema è che va circostanziata meglio. Pensare che gli ucraini, davanti alla macchina bellicista russa, possano accontentarsi della firma di un accordo, mi pare improbabile. Penso serva il dispiegamento di forze in campo non solo come osservatori, ma come forza deterrente».
Truppe di terra europee?
«Non credo che Meloni possa pensare che una firma su un trattato sia sufficiente come garanzia».
Ma di truppe hanno sempre parlato francesi e inglesi. Noi italiani ci siamo invece sempre mostrati contrari.
«Penso che l’applicazione dell’articolo 5 chiesto da Meloni e le truppe di cui hanno parlato Starmer e Macron non siano in contraddizione: anzi, siano complementari. Ma questo fa parte della complessa trattativa. Così come l’altro tema spinoso dei territori».
Come le sembra si stia muovendo la nostra premier in questa partita?
«Con realismo e senza particolare protagonismo, che fa bene a non cercare perché non siamo nelle condizioni di averlo. Cerca di non recidere i rapporti con Trump per ragioni ideologiche, e nello stesso tempo sta con due piedi in Europa. Diciamo che non è in una posizione invidiabile».
Sempre in un equilibrio difficile…
«Non lo ammetterà mai, ma credo che Meloni avrebbe decisamente preferito un’amministrazione democratica in America. Trump è una pietra d’inciampo per lei perché, rispetto ai sovranisti di casa nostra, ha una caratteristica: per lui l’affinità ideologica è secondaria, l’aspetto che più conta è quello basato sulle convenienze economiche».
«Pensavo a tutti quelli che fanno politica. Il potere svanisce ed è fondamentale farne buon uso. Per questo è importante che in ogni Paese ci sia un’opposizione forte: perché sapere che esiste un’alternativa, è il miglior antidoto al delirio di onnipotenza di chi governa».
E in Italia c’è un’opposizione forte?
«Facciamo che di questo ne parliamo un’altra volta».