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Fiorenza Sarzanini per roma.corriere.it
È stata una «cimice» piazzata nella 500 X di Paolo Arata a registrare le sue conversazioni con il figlio Francesco sugli affari legati all’eolico. E sugli interventi da effettuare per ottenere agevolazioni e incentivi per le aziende che condivideva con il socio palermitano Vito Nicastri. Ma nelle carte dell’inchiesta c’è anche molto altro. Dopo aver ascoltato il colloquio, il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi hanno infatti delegato gli investigatori della Dia a ricostruire i passaggi di tutti i provvedimenti di legge seguiti da Siri. E hanno ricostruito la «rete» dei contatti che sarebbero stati attivati proprio per assecondare le richieste dell’imprenditore. Entrambi sono indagati di corruzione, il politico si sarebbe «messo a disposizione» in cambio di 30mila euro. Ma adesso si stanno ricostruendo i «flussi finanziari» proprio per capire se possano esserci state altre dazioni e chi siano i destinatari.
Gli interrogatori
REPUBBLICA E L'INTERCETTAZIONE SU ARMANDO SIRI
Di tutto questo Arata darà conto durante l’interrogatorio di fronte ai pubblici ministeri romani, fissato per la prossima settimana. «Possiamo spiegare e chiarire tutto», anticipa il suo avvocato Gaetano Scalise.
Nel decreto di sequestro di telefonini e computer viene specificato che Arata è stato «sponsor per la nomina di Siri a sottosegretario» e per questo dovrà chiarire se anche quella fosse una «utilità» richiesta per l’aiuto politico o se invece sia stato lui ad attivarsi ritenendo che Siri — una volta entrato nell’esecutivo — gli aveva garantito una «copertura» negli affari. Chiarimenti che saranno richiesti anche al senatore leghista. Siri ha sempre negato di aver preso soldi o altro da Arata, ha smentito di essersi messo a disposizione e il suo avvocato Fabio Pinelli spiega che «già nelle prossime ore saremo in grado di presentarci in procura e dimostrare che quegli interventi rientravano nella normale attività politica».
Il ruolo del boss
Siri sapeva che il suo amico Arata era in affari con il palermitano Vito Nicastri, il «re dell’eolico» arrestato perché ritenuto finanziatore di Matteo Messina Denaro? Anche su questo sono in corso le verifiche degli investigatori della Dia. Di certo c’è che Nicastri — come è specificato nell’informativa consegnata ai magistrati proprio sulle aziende di Arata — «non solo detiene partecipazioni occulte nelle suddette società, ma svolge anche un ruolo attivo nella gestione delle stesse, occupandosi sia degli aspetti operativi, che amministrativi, nonché perpetrando ulteriori condotte illecite di trasferimento fraudolento di beni, riciclaggio ed altri gravi reati.
Lo stesso ha continuato a svolgere tali attività illecite anche dopo essere stato sottoposto a custodia cautelare in altro procedimento penale». Nel 2010, quando oltre un miliardo e mezzo di euro tra case, barche, auto, società del patrimonio di Nicastri finì sotto sigilli fu l’allora ministro dell’Interno a definirlo «il sequestro più ingente di sempre», complimentandosi con gli inquirenti siciliani. Era il leghista Roberto Maroni.
VITO NICASTRIFEDERICO ARATAfrancesco arata con manlio e vito nicastri
ARMANDO SIRIIL CORRIERE E L'INTERCETTAZIONE SU ARMANDO SIRIARMANDO SIRI MATTEO SALVINI
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