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Goffredo De Marchis per "la Repubblica"
Prepararsi ad accogliere il candidato a Palazzo Chigi Mario Monti. Sono collegate da un filo nient´affatto invisibile Bruxelles e Roma, ovvero la partecipazione a sorpresa del premier al pranzo del Partito popolare europeo e la riunione tra Andrea Riccardi, Andrea Olivero, Luca di Montezemolo, Lorenzo Dellai, Raffaele Bonanni e Pier Ferdinando Casini. Nella movimentata area del centro va così registrata un´accelerazione improvvisa verso il progetto di una lista unica che diventi innanzitutto il "contenitore" della candidatura Monti o di una sua autorizzazione all´uso del nome nel simbolo.
Un modo per bruciare sul tempo le iniziative dei montiani del Pdl previste per domenica. E per offrire, a chi vuole allontanarsi da Berlusconi e dal centrodestra, una soluzione a portata di mano.
La riunione nello studio di Riccardi al ministero della Cooperazione, dura fino a tarda sera. Il passaggio appare decisivo, va organizzato il terreno per la discesa in campo del Professore con un segnale unitario che sia in grado di attirare non solo i fuoriusciti del berlusconismo ma larghi pezzi della società favorevoli all´azione del governo in carica. Associazioni di categoria, confederazioni, la Chiesa, a due mesi dalle elezioni, hanno bisogno di un punto di riferimento certo e riconoscibile. Possibilmente una lista sola, la "lista per l´Italia" o il "Nuovo centro".
Verso la quale possono guardare i delusi del Pdl. E non solo, se sono vere le voci che danno in avvicinamento anche l´area di Beppe Fioroni, dirigente del Pd. «Non so niente di questa operazione - risponde Fioroni - . Ma so che la politica non si può ridurre alle primarie. Sento che c´è qualcosa nell´aria di molto più ampio del centro che conosciamo. Non si organizzano solo i partiti, si organizza la società . E non vorrei che Monti finisse per essere il vero antagonista di Bersani».
Il timore quindi è che si rompa, ancor prima di saldarsi, il famoso patto tra progressisti e moderati. Con conseguenze sul Partito democratico, oltre che sul Pdl. Le scissioni possono essere più d´una e di segno diverso.
à la visita di Monti al Ppe ad aver provocato la fiammata di ieri. Insieme con il coro di consensi dei capi di stato europei per un bis del premier, sorretto dal voto democratico degli italiani. Alla suggestione non ha resistito nemmeno François Hollande, l´alleato internazionale più vicino a Pierluigi Bersani.
Sull´area composita dei centristi si sono scatenate pressioni nuove e di maggiore forza, come se il segnale venuto da Bruxelles fosse quello determinante, come se contenesse una dichiarazione anticipata di impegno diretto del premier nella campagna elettorale. Si è mosso subito Gianfranco Fini con una telefonata al presidente del Ppe Wilfried Martens «per congratularsi per la riunione e per il sostegno all´azione di Monti».
Si sono mossi, non pubblicamente, tanti altri, soprattutto dal campo del centrodestra. Udc e "Verso la Terza repubblica" raccolgono telefonate e appelli di chi cerca una scialuppa di salvataggio. Ma è evidente, e nella riunione si è accennato al tema, che il recupero è possibile, con una corsia preferenziale per chi ha preso le distanze da Berlusconi per tempo esplicitando il suo dissenso e ha sempre difeso il governo dei tecnici.
In attesa della scelta del Professore, i pezzi del centro hanno esaminato le varie ipotesi organizzative. Su ciascuna pesa l´incognita Monti candidato o non candidato. Alla fine non si è siglato alcun patto ufficiale. Bonanni, Dellai, Riccardi, Olivero e Montezemolo hanno annunciato a Casini l´avvio di una campagna per la raccolta di firme necessarie alla presentazione di un nuovo simbolo e di un nuovo nome.
Una dimostrazione di forza e di determinazione che è servita per insistere con il leader Udc ad abbandonare la sua creatura e a non insistere su una federazione di liste all´interno della stessa coalizione. Pesano, in questi colloqui, temi come il rinnovamento dei candidati, alcuni veti reciproci, l´atteggiamento da tenere nei confronti di chi bussa alla porta venendo da altre sponde.
Sul tavolo finiscono sondaggi di ogni tipo per valutare l´appeal delle varie anime che dovrebbero comporre la lista. E si discute dell´impegno del premier nelle sue numerose variabili. La firma sotto il documento programmatico del Centro? L´uso del nome nel logo? O una candidatura vera, chiara e visibile? Fini, che mercoledì è stato a Palazzo Chigi, ha avuto la sensazione che il Professore abbia voglia di misurarsi con il voto. Montezemolo la pensa allo stesso modo: «Sono ottimista, credo che Monti sia il primo a rendersi conto di quanto resti da fare».
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